Per salvare Euridice


Mantova fu uno dei centri fondamentali nello sviluppo e nella diffusione del teatro europeo. Specialmente dopo l'arrivo di Isabella, proveniente a sua volta da una corte in cui gli spettacoli di ogni sorta erano assai graditi, la reggia dei Gonzaga diviene il teatro naturale delle recite buffonesche, delle feste tra le stanze o sull'acqua, dello sbocciare di esperienze musicali. Singolare e' l'intreccio degli eventi. Qui viene rappresentata la prima commedia regolare, il Formicone tratto da Plauto. Qui conosce la sua massima fioritura il teatro ebraico, una sintesi inconsueta tra motivi farseschi e alti richiami a un mondo ideale; Leone de' Sommi, in particolare, ci lascia un importante trattato di regia, i Quattro Dialoghi, in cui si discute di scenografia, di luci e dell'attore. Qui calcano la scena alcuni dei piu' validi protagonisti della Commedia dell'Arte, come Tommaso Martinelli.

Ma l'occasione che riassume in se' tutte le altre e' certamente legata al mito di Orfeo, il leggendario cantore che tento', fallendo, di riportare alla vita l'amata Euridice, morta e discesa agli Inferi. Pur essendo riuscito a sedurre con la sua melodia gli dei dell'oltretomba, Orfeo disubbidi' al divieto di voltarsi e volle controllare se, dietro di lui, la fanciulla diletta stava camminando verso la luce del giorno. Cosi', perse la partita e vago' disperato per il mondo prima d'essere fatto a pezzi dalle furiose Baccanti, a cui non aveva prestato orecchio. Rileggendo la trama, comprendiamo bene come Mantova sia il luogo che, per destino, meglio puo' servire da scenario a questa straziante vicenda: le sue campagne sono uno sfondo idillico ma, al tempo stesso, all'interno dell'isola sacra puo' ben trovarsi il passaggio che conduce alle regioni sotterranee. D'altra parte, e' proprio Virgilio a evocare a piu' riprese lo sfortunato amante (IV libro delle Georgiche); diverse sono inoltre le raffigurazioni dell'episodio che il Palazzo Ducale ospita: basti ricordare gli affreschi della Camera degli Sposi, o le maioliche appartenute a Isabella.



Il libretto dell'Orfeo: il frontespizio



Cosi', la storia letteraria segue il suo corso, come un fiume sotterraneo che talvolta sgorga e talvolta si nasconde. Nel 1480, a Mantova, Angelo Poliziano compone la Fabula di Orfeo. Scritta in tempo di dui giorni, intra continui tumulti, in stilo vulgare, viene forse rappresentata durante una festa. Molti anni piu' tardi, Claudio Monteverdi (1567-1643) trasse da questo componimento l'ispirazione per il suo celebre Orfeo, su libretto del mantovano Alessandro Striggio. Nasce qui l'opera italiana, anche se la prima rappresentazione alla corte dei Gonzaga era stata preceduta da altri tentativi fiorentini nella medesima direzione, ovvero le pastorali in musica di Cavalieri e Rinuccini, il Satiro, la Dafne, l'Euridice. Monteverdi, tuttavia, compie il salto. Secondo la sua stessa frase: L'Arianna e l'Orfeo tendevano al parlar cantando. Non piu' quindi un racconto abbellito dalla musica, ma l'unione di versi e melodia per creare un nuovo tipo di azione drammatica. Il 24 febbraio del 1607, l'opera venne presentata in una sala a tutt'oggi sconosciuta del Palazzo, nel quadro delle attivita' promosse dall'Accademia degli Invaghiti. Il successo fu grande e Vincenzo Gonzaga, il duca libertino, ne fu certamente lieto. Segui' l'edizione a stampa della partititura, dedicata al principe Francesco. Da Mantova si diffuse il verbo del teatro musicale, che aveva gia' conosciuto una replica di pari valore con l'Arianna (1608).

O dolcissimi lumi, io pur vi veggio, / io pur... ma qual eclissi, oime', v'oscura? In questo verso sta tutto il dramma che la musica e' ormai in grado di raccontare, facendosi stile insieme alle cadenze della parola. Ogni tonalita' di pianto, di gioia, di rancore e' ormai permessa; ogni colpo di teatro, anche. Orfeo narra l'oscillare della luce, lume degli occhi, battito del cuore, respiro affannato d'amore. L'eclissi, il buio minaccia questa fiamma, e l'arte dell'aedo, ancora accademica, non vale a recuperarla per intero, appesantita proprio dalla sua perfezione. Occorre che il poeta venga sbranato, disperdendo e donando insieme al corpo la sua maestria. Il problema e' appunto di recuperare un corpo, coniugando la voce e l'apparenza, trasformando la donna ideale in una realta' che tocca la terra, che incede sui prati, che puo' essere perduta. Quasi due secoli piu' tardi, il genio di Mozart compira' nel Don Giovanni un cammino inverso, che conduce dal corteggiamento agli Inferi: il terrore di smarrire l'oggetto d'amore ha ormai provocato la ripetizione ossessiva del gesto erotico. Il protagonista corre a tutta velocita' verso quel luogo in cui finalmente gli amanti si riabbracceranno. Un cielo rovesciato attende il seduttore, che cerca i frammenti della sua Euridice.

Lettura consigliata: Autobiografia di Claudio Monteverdi, di Claudio Gallico, Lucca (Akademos), 1995 .



Il labirinto


Ritorno a casa



author: giovanni pasetti