Il Teatrino Scientifico, opera del Bibiena


Nel luogo che oggi ospita il Teatro Scientifico sorgeva nel periodo ducale l'abitazione di uno dei figli cadetti di Isabella d'Este; si tratta di Ferrante Gonzaga, conte di Guastalla, colui che, combattendo nell'esercito imperiale durante il Sacco di Roma, aveva permesso la fuga della madre, assediata dai lanzichenecchi, divenendo poi capitano generale delle truppe italiane e vicere' di Sicilia; lo stesso Ferrante che contrasto' a lungo l'amore tra il cugino Rodomonte e Isabella Colonna. Egli, morto nel 1557, lascio' il palazzo al figlio Cesare, personaggio non molto importante, che tuttavia amava circondarsi di uomini di lettere; per meglio promuovere le attivita' intellettuali, egli fondo' nel 1562 l'Accademia degli Invaghiti, a cui piu' tardi concesse l'uso dello stabile. Era gia' presente al suo interno un teatrino, dove venne probabilmente rappresentato anche l'Orfeo di Monteverdi. Agli Invaghiti seguirono nel '600 gli Invitti, che presto cambiarono nome, adottando l'appellativo di Timidi, piu' consono alla rapida decadenza del ducato e dell'epoca.

Furono questi ultimi a divenire, nel 1767, i committenti di un nuovo teatro, detto Scientifico perche' doveva ospitare riunioni e conferenze aperte alla cittadinanza, in grado di illustrare al meglio lo spirito razionalistico dei tempi. I Gonzaga erano ormai un ricordo, e la dominazione austriaca di Maria Teresa favoriva i progetti culturali di ampio respiro. L'architetto prescelto fu Antonio Galli Bibiena, membro della famosa casata emiliana che, durante l'eta' barocca, aveva saputo esprimere artisti specializzati negli interni teatrali, negli spettacoli e nella scenografia. Antonio, nato a Parma nel 1697, aveva gia' lavorato a Mantova, edificando tra l'altro la facciata della chiesa di San Barnaba. Il genio dell'artefice ebbe modo di manifestarsi compiutamente: in soli due anni l'opera venne terminata. L'inaugurazione ebbe luogo il 3 dicembre 1769.



L'interno del teatro, luogo dell'armonia




Nel 1767 Maria Teresa aveva istituito la Reale Accademia di scienze e di belle lettere, che assorbi' immediatamente i Timidi; si trattava di una vera e propria universita', divisa in quattro facolta' distinte. L'esigenza di una sede adeguata porto' a ricostruire anche il palazzo che ospitava il nuovo teatro. A prevalere fu questa volta una concezione neoclassica, per mano del Piermarini e di Paolo Pozzo. L'edificio nel suo complesso divenne dunque un prezioso guscio dal sobrio aspetto classicheggiante, che custodisce pero' al suo interno un gioiello ancora barocco. In epoca napoleonica l'Accademia cambio' nuovamente nome, assumendo la qualifica di Virgiliana. Sotto questa dizione esiste ancora oggi, nella medesima sede, e prosegue una meritoria opera di studio e di organizzazione di convegni.

I Bibiena furono formidabili innovatori: rompendo la vecchia impostazione ad asse centrale, consentirono la proliferazione dei punti di vista, regalando alla regia prospettive inconsuete o addirittura vertiginose. Il teatro di Mantova e' di impostazione relativamente piu' tradizionale, poiche' i Timidi lo pensarono come una cornice prestigiosa di incontri intellettuali: Antonio progetto' dunque una scena fissa, alle cui spalle sono tuttavia ricavati due corridoi sovrapposti, che formano un bizzarro loggiato a due piani. La platea ha una pianta a campana, con quattro ordini di palchetti, scanditi da colonne che dividono tra loro i balconcini. Da quattro nicchie spuntano altrettante statue che intendono celebrare i mantovani piu' illustri: Virgilio, Pomponazzi, Castiglione, Bertazzolo. I circa quattrocento spettatori che la sala puo' ospitare sono immersi in uno spazio non consueto e finemente decorato. Lo sguardo corre senza mai posarsi, grazie alla circolarita' dell'ambiente. Tuttavia, si ha l'impressione che qualcosa resti sempre all'esterno, irraggiungibile; dietro ogni svolta se ne intravede un'altra, creata dalla sapiente ripetizione di elementi che sembrano non riproporsi mai nel medesimo ordine. La scena stessa, piu' larga che profonda, appare come una zattera oscillante in un mare mutevole di oggetti architettonici.



Il labirinto


Ritorno a casa



author: giovanni pasetti