Il Gioco della Corte



Al nome di Mantegna è anche legato un mazzo di Tarocchi, disegnato con grande maestria e sottile intelletto. Nel corso del quindicesimo secolo questo gioco si diffuse, quasi all'improvviso, in Italia, Spagna, Francia e Germania, per trionfare, poco tempo dopo, in tutta Europa.
Cone è noto, le carte del gioco classico sono 78, divise in due gruppi: i 22 Arcani Maggiori, usati a scopo divinatorio, e i 56 Arcani Minori, progenitori dei mazzi da briscola e da ramino, a loro volta spartiti nei quattro semi: bastoni, spade, denari, coppe. Non si conosce con certezza l'origine di questo curioso diletto, severamente condannato dalla Chiesa. Molti storici hanno ipotizzato una provenienza orientale, ma a nostro avviso è alquanto probabile che la consuetudine sia nata proprio nell'Italia Settentrionale, come contaminazione delle tradizioni cavalleresche con la consuetudine dei Trionfi allegorici delle Virtù.
In questa ottica, particolarmente importanti sono tre Corti, tra loro variamente imparentate: i Monferrato, i Gonzaga di Mantova e gli Este di Ferrara. Da documenti del tempo risulta che a Ferrara Isabella amava attribuire alle sue ancelle il nome di alcune carte dei Tarocchi. Inoltre, la presenza di grandi cicli cavallereschi sulle pareti dei castelli del nord (Pisanello a Mantova, il Maestro della Manta nel Monferrato) avrebbe legato l'ambiente cortese del primo quattrocento al ricordo degli antichi tornei, che ormai potevano essere vissuti solo in modo figurato.
Quanto a Mantegna, nulla ci dice che egli abbia effettivamente creato il mazzo che porta il suo nome, in realtà assai diverso dall'esemplare tradizionale. Tuttavia, il nome del Maestro è un ulteriore indizio che ci porta a situare in area padana il nucleo primo della diffusione di quello che in breve sarebbe divenuto ben più di un passatempo.

Seguiamo il lungo saggio che Giannino Giovannoni ha dedicato all'argomento:
Mantova e la Lombardia si trovano, anche in senso più specifico, all’origine dei Tarocchi, che vengono citati esplicitamente, per la prima volta, negli inventari dei Duchi d’Orleans (1408) come Carte saracene, accanto alle Carte di Lombardia. Il problema dell’origine dei Tarocchi è controverso: ritenuta da taluni antichissima (sarebbero nati nell’antico Egitto o in Cina), da altri più recente (India). E’ certo, comunque, che la loro introduzione in Europa è documentata verso la fine del ‘300, e la maggiore fioritura per le forme d’interpretazione simbolica e per il livello d’esecuzione artistica si verifica in Italia, Francia e Germania nei secoli XV e XVI, nell’ultimo periodo dell’arte gotica 'cortese' e nel Rinascimento.
Esempi famosi di questi mazzi d’eccezionale valore storico e artistico sono i Tarocchi Visconti Colleoni, attribuiti a Bonifacio Bembo, i Tarocchi detti di Carlo VI e quelli detti del Mantegna, che collegano la tradizione dei Tarocchi con l’opera del Maestro padovano e la città di Mantova.
I tarocchi del Mantegna sono composti da cinquanta figure, ordinate in cinque serie, segnate inversamente con le lettere E, D, C, B, A, e i numeri da 1 a 50. La serie E raffigura le condizioni dell’uomo, in ordine crescente dal Misero al Papa, la serie D rappresenta le nove Muse, con l’aggiunta di Apollo, la serie C le scienze (il Trivio, il Quadrivio, la Poesia, la Filosofia e la Teologia) e la B le Virtù teologali e cardinali, oltre al Sole (Iliaco), il Tempo (Chronico), e il Mondo (Cosmico). La serie A rappresenta, infine, i sette pianeti, oltre all’Ottava Sfera, al Primo Mobile e alla Prima Causa.

Così prosegue lo studio:
Questa famosa serie di Tarocchi rappresenta un documento iconografico dell’arte rinascimentale di notevole importanza, che rispecchia ancora, nella sistemazione della scienza umana e divina, la speculazione medievale...
I Tarocchi del Mantegna, conosciuti finora in due edizioni (la serie E e la serie S), hanno dato luogo a non pochi problemi interpretativi, a partire da quello dell’attribuzione stessa al Mantegna o alla sua scuola, ritenuta da molti azzardata e poco credibile sotto il profilo stilistico...
Anche la definizione nell’ambito dei Tarocchi di questo mazzo è oggettivamente contestata: sono solo quindici le figure della serie 'del Mantegna', che trovano la loro corrispondenza in quelle degli Arcani maggiori dei Tarocchi, e solo l’Imperatore, il Papa, la Temperanza, la Fortezza e la Giustizia trovano l’esatta figura equivalente nelle due serie...
Un altro motivo che fa dipendere i Tarocchi del Mantegna da Mantova deriva dalla tradizione che attribuisce la loro invenzione alla cerchia facente capo alla corte di Papa Pio II Piccolomini e ai dotti cardinali Bessarione e Niccolò da Cusa, durante il loro soggiorno a Mantova, in occasione del Concilio, svoltosi dal giugno 1459 al gennaio 1460, identificandoli con il Gioco del Governo del Mondo. Ipotesi affascinante che trova il suo fondamento nella complessità teologica di questi tarocchi, le cui serie formano una scala simbolica che, secondo le speculazioni filosofiche di Dante e San Tommaso d’Aquino, sale dalla terra al cielo, partendo da Dio, la prima causa che governa il mondo, fino alle più umili creature, come il 'mendicante'. In questa prospettiva i Tarocchi del Mantegna costituirebbero, più propriamente, un libro figurato, avvicinabile ad altri testi figurati ad alto contenuto simbolico ed ermetico, come l’Hypnerotomachia Poliphili, stampata a Venezia nel 1499, gli Hieroglyphica di Horapollo del 1551, e le Simbolicae quaestiones di Achille Rocchi, del 1571.




La complessa vicenda che riguarda l’attribuzione ed il contenuto di questa famosa serie di Tarocchi può trovare ora, dopo i restauri di recente conclusisi degli affreschi della Cappella funeraria del Mantegna di Sant'Andrea, nuova luce, poiché ben sei figure dipinte sulle pareti della Cappella trovano un loro riscontro iconografico, testuale o mediato, in quelle dei Tarocchi del Mantegna...
Alla luce di questa ricchezza di contenuti andrebbe rivisitato e rivalutato l’ultimo periodo dell’attività del Mantegna, che comprende gli affreschi del vestibolo e della Cappella di Sant'Andrea a Mantova, e l’apporto della sua scuola, così anomala e 'movimentata', come si desume dall’incidente e dalla disputa con Simone degli Ardizzoni e Zoan Andrea, vero 'crogiolo' in cui si fondono, sulla radice dell’opera del Maestro, nuovi elementi formali e concettuali e metodi di produzione artistica, che verranno sviluppati solo nel ‘500 maturo. Questa scuola si disperde poi, di fatto, dopo il 1506, in seguito alla morte del Mantegna...

Conclude Giovannoni:
Come possibili autori della serie d’incisioni dei Tarocchi del Mantegna penso, quindi, al Maestro Z. A. , per una certa rigidezza del segno, che caratterizza anche l’opera del suddetto incisore, e, più probabilmente, a Girolamo Mocetto, muranese di nascita, la cui paternità darebbe maggiore consistenza all’ipotesi di una derivazione d’area veneziana, pur nell’ambito della scuola del Mantegna, di questa serie, desumibile da diverse figure e, specificamente, dalla carta E 7, raffigurante il Doge. Il Mocetto è un artista colto, la cui produzione risulta inizialmente influenzata dal Mantegna, poi da Giovanni Bellini, e più indirettamente dal Carpaccio, per i complessi e fantasiosi fondali architettonici delle sue composizioni; nelle incisioni è uno dei più fedeli e brillanti interpreti dei modelli del Mantegna.


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