Nuove scoperte


A pochi passi da Sant'Andrea, nel cuore della città vecchia, si apre una piccola piazza, oggi intitolata a Guglielmo Marconi e un tempo chiamata piazza Purgo. Qui, sulla stretta facciata dell'abitazione sita al numero 13, si leggeva a fatica la presenza di un importante ciclo di affreschi quattrocenteschi. Nel corso degli anni, nonostante le segnalazioni di alcuni studiosi, l'opera venne pressoché dimenticata, benché si trovasse davanti agli occhi di tutti gli abitanti. Solo nel 1995, un efficace anche se non completo intervento di restauro, voluto dal proprietario della casa e sostenuto dall'Amministrazione Provinciale, ha permesso di riconoscere più chiaramente l'altissima mano di un artefice rinascimentale. Teorie di angeli sono apparse in tutta la loro bellezza, e si è potuto recuperare il senso delle due scene principali.
A questo punto è iniziata la discussione, che riguarda sia il nome dell'antico proprietario sia, soprattutto, l'identità del Maestro pittore. In merito al primo nodo la questione è ancora assai controversa; ma esistono ormai significative convergenze che inducono ad attribuire i dipinti direttamente al Mantegna, o almeno alla sua bottega.

Ecco un primo intervento chiarificatore di Gianfranco Ferlisi:
Il dibattito aperto sulla Domus Mercati e sull’edificio di piazza Marconi 13 cela la questione dell’attribuzione dell’affresco della facciata di piazza Purgo, che è il vero obiettivo di tante schermaglie. Ho esaminato tre problemi per portare un mio contributo: i domicili mantegneschi, l’ubicazione della Casa del Mercato, il vero proprietario dell’edificio tra la fine del quattrocento e gli inizi del cinquecento.
Fino al 1480 Andrea Mantegna visse nella contrada dell’Aquila in un edificio prossimo alla cattedrale e vicino alla reggia dei marchesi. All’inizio del 1480 si trasferì nella contrada del Cavallo dove risiederà non più di un anno, per spostarsi poi nella famosa Casa dell'attuale via Acerbi, dove rimase fino al 1502. Come si può dedurre dal testamento del 1504, andò a vivere in seguito nella contrada del Bove. Nel 1506 abitò in un'altra dimora, sita in contrada Unicorno, dove trascorse gli ultimi mesi di vita. Non abitò mai in piazza Purgo.
Nel 1462 Ludovico II commissionava a Luca Fancelli il progetto di riedificazione della Casa del Mercato. Nel 1473 il cantiere risulta operativo. Il nostro caso prende inizio dal rogito del 1502, con il quale l’abitazione del Mantegna, sita in via Acerbi, diventa patrimonio dei Gonzaga. Andrea ebbe in cambio una dimora sita, come recitano esattamente i confini dell’atto, tra il Palazzo dei Lancini (casa d’angolo con via Goito), la Torre del Salaro, l’antica beccheria (matellum magnum) e le due strade del Comune. Si tratta perciò dell’isolato compreso fra via Goito, piazza Marconi, via Calvi e il vicolo del Carbone, antistante la beccheria che stava tra quel vicolo e via Spagnoli...
Il Mantegna probabilmente non fu proprietario della Casa dipinta... (Tuttavia) mi pare sia lecito porsi alcune domande, soprattutto riferendoci all’alta qualità degli affreschi della facciata e in particolare alla scena della Misericordia di Alessandro Magno che già il Kristeller supponeva mantegnesca, riscontrando affinità iconografiche con il dipinto di Muzio Scevola, conservato a Monaco...



Ferlisi dunque, pur non ritenendo la casa di proprietà del Mantegna, non esclude affatto che gli affreschi in questione siano di mano del Maestro.
D'altro canto, Giannino Giovannoni, a cui per primo spetta il merito di avere intuito l'alta qualità dell'opera e di essersi adoperato per una sua valorizzazione, afferma:
Gli accertamenti ravvicinati e i primi interventi di consolidamento realizzati dalla restauratrice dottoressa Romano, con la collaborazione della Soprintendenza per i Beni Storici e Artistici e di quella per i Beni Architettonici, hanno consentito di accertare l’altissima qualità degli affreschi presenti sulla Casa Bottega Dipinta di piazza Marconi 13 di Mantova, compreso quello in cui appare la Misericordia di Alessandro Magno che, fin dal vincolo originario, veniva definito mantegnesco dal Kristeller. Dai dati strutturali si è potuto accertare anche che l’edificio aveva dimensioni originarie ben superiori all’attuale, fino ad essere prospiciente su piazza Mantegna. Tale configurazione ha poi avuto conferme documentarie.
In relazione a questa struttura è stata formulata l’ipotesi che essa possa venir identificata con la Domus Mercati, una delle ultime dimore del Mantegna, come risulta dal rogito di permuta tra lo stesso Mantegna e il marchese Francesco II Gonzaga in data 10 gennaio 1502, poiché, ponendo come confinanti la casa Lancini e la Torre del Salaro, l'abitazione non può essere ubicata nello stesso luogo dei suddetti edifici. Tradizionalmente la Casa del Mercato viene identificata nell’edificio in cui oggi si apre il negozio di calzature Bata, ma probabilmente la zona del mercato era più estesa, fino a comprendere anche le botteghe di fronte. Una conferma di questa ipotesi potrebbe venire dalle sigle presenti sui capitelli della casa... Inoltre, sopra un altro capitello si trova uno stemma con le imprese di Ludovico II Gonzaga, il sole e il crescente lunare; questo segnale potrebbe indicare la ristrutturazione dell’area del mercato nel 1473, menzionata dallo Schivenoglia, e fortemente voluta dal medesimo Ludovico..

In merito agli affreschi, così si pronuncia la Romano:
La Casa dipinta di piazza Marconi 13 rappresenta un esempio eccezionale e forse unico nel Rinascimento italiano. Non è consueto infatti trovare su facciate esterne opere ancora leggibili, in cui si riscontra l'utilizzo di materiali e colori estremamente rari e pregiati. Il fatto che tali dipinti siano sopravvissuti alle vicissitudini del tempo, all’incuria degli uomini, alle intemperie e agli ultimi anni di pesantissimo inquinamento atmosferico, dimostra l’eccezionale qualità dei materiali usati, nonché la maestria nell’adoperarli.

Da ultimo, Arturo Carlo Quintavalle, in un articolo apparso sul Corriere della Sera del dicembre 1995, aderisce in parte alla tesi dello studioso mantovano, precisando:
Domina la scena la figura di un sovrano coronato che sta in piedi davanti a tende da campo che sono misurate, pierfrancescane figure geometriche regolari; sta fra armati dignitari, in corazza all'antica ed ha la forza, la tensione, la qualità che ritroviamo nei Trionfi di Mantegna ad Hampton Court, o in opere come Il giudizio di Salomone del Louvre, il Davide con la testa di Golia del Kunsthistorisches di Vienna, il Muzio Scevola di Monaco, la Giuditta con la testa di Oloferne di Montreal.
Stessa scrittura pittorica, stessa tensione nel volto come maschera di una messa in scena , stesso impianto spaziale. La mano del maestro, di Andrea Mantegna, mi sembra inconfondibile: si potrebbe essere attorno agli anni fra il 1495 e i primissimi del 1500, Andrea muore infatti nel 1506...
Così l'ultimo Mantegna, quello dello Studiolo di Isabella finito al Louvre, quello che intravediamo ancora al Sant'Andrea, riemerge miracolosamente a Mantova con una grande facciata dipinta.

Ma lasciamo concludere Giovannoni:
L'attribuzione al Mantegna almeno delle due composizioni principali raffiguranti la misericordia di Re Alessandro e la veduta di una città ideale (Roma?) è stata autorevolmente avallata poco tempo fa da Arturo Carlo Quintavalle. La decorazione della facciata faceva certamente parte di un programma voluto da Francesco II Gonzaga: si trattava di opere pittoriche realizzate dal Mantegna e dalla sua scuola, e intese a paragonare le qualità personali del Principe con le analoghe virtù di grandi personaggi del passato. Ecco dunque il genio militare di Cesare (i Trionfi), la giustizia (il giudizio di Re Salomone, presente in un affresco in Piazza delle Erbe ora distrutto), la magnanimità, con l'affresco della Casa in questione. L'edificio, che sembra essere stato di proprietà del marchese di Mantova, era inoltre compreso nell'itinerario devozionale che portava alla chiesa di Sant'Andrea, luogo in cui è conservata la reliquia del Preziosissimo Sangue: presenta infatti nella sua decorazione esterna evidenti connessioni con tale devozione: ad esempio, un tondo con l'immagine di San Longino.
La decorazione si rivela infine importante per lo studio della fase finale dell'opera di Andrea Mantegna e per i suoi rapporti con la scuola omonima, in cui spiccano le figure del Parentino e del figlio di Andrea, Francesco.



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