La Casa del Mantegna



Scrive Ercolano Marani, a cui si devono numerose opere intorno alla Mantova antica e rinascimentale:
Dove abitò in Mantova l’insigne artista? Mentre conviene svincolarsi dal bagaglio delle risposte non di rado confuse che a questo interrogativo sono state date in passato, diciamo anzitutto essere necessario che si distinguano, in merito alla questione, almeno sei momenti. Nella primavera del 1458 il marchese Ludovico aveva dato al Mantegna assicurazioni e precisazioni circa il trattamento di cui l’artista avrebbe goduto: uno stipendio di quindici ducati al mese, nonché alloggio, cibo e legna da riscaldamento per sei persone, cioè per lui, per i suoi familiari e per i principali aiutanti.
Nel 1459 il Gonzaga aveva aggiunto concessioni di ordine morale: il diritto, per il pittore, di usare uno scudo araldico e un motto che sottolineavano l’inserimento nella nobiltà mantovana assieme a un onorifico legame con la casata gonzaghesca. Lo stemma infatti includeva le fasce nere e oro, e il motto era quello medesimo di Ludovico: Par un desir.
Il fatto che, tra le promesse formulate dal marchese precedentemente all’arrivo del Mantegna fosse compreso un alloggio gratuito e il constatare che nei documenti non posteriori all’anno 1480 l’artista risulta dimorante nella contrada dell’Aquila, ossia nella zona che fino agli inizi del ‘400 era stata detta la città vecchia, inducono a ritenere che l’alloggio predisposto dal Gonzaga per l’artista del quale stiamo dicendo fosse situato entro l’ampio recinto della Corte o nei paraggi immediati di essa e che ivi il Mantegna sia rimasto durante l’intero primo ventennio della sua permanenza mantovana. Tale, di quella permanenza, è il primo dei sei momenti anzidetti.
Frattanto, poiché lo stabile fruito dall’artista a partire dalla sua entrata in Mantova era sicuramente di proprietà del marchese, questi dopo il compimento, avvenuto nel 1474, della decorazione della Camera degli Sposi volle manifestare ad Andrea la propria generosa soddisfazione col dono di un appezzamento di terreno posto all’altro capo della città, vicino al cantiere della chiesa di San Sebastiano.
Là nel 1476 il pittore diede inizio alla costruzione di una casa veramente sua: quella celebre, oggi contrassegnata col numero 47 della via Acerbi. Il pilastrino angolare applicato all’edificio, e adorno di un’epigrafe che ricorda la data della fondazione, non sembra anteriore al 1478.
Ecco un disegno ipotetico dell'originale spaccato della Casa.




Così prosegue lo studioso:
Il lentissimo procedere della fabbrica relativa alla casa e l’opportunità di sorvegliarne l’andamento possono spiegare perché nel gennaio del 1481 il Mantegna, che evidentemente ha rinunciato all’alloggio avuto in uso gratuito, risulti abitante non più nella contrada dell’Aquila, ma in quella del Cavallo, meno lontana dal luogo dove la nuova casa piano piano va sorgendo. La contrada del Cavallo era una striscia del tessuto urbano avente come limiti a settentrione il rio, a meridione le mura prospicenti la distesa del Te, a ponente l’allineamento delle vie ora denominate Pescheria, Mazzini, Sauro e a levante le vie oggi dette Massari, Isabella d’Este, Rippa. Nella dimora di Contrada del Cavallo, probabilmente presa in affitto, il pittore risiedette per meno di un anno: breve lasso di tempo che costituisce il secondo momento della vita mantovana del Mantegna.
Nello stesso anno 1481 l’artista si accostò ulteriormente al luogo della fabbrica che lo interessava e passò ad abitare nella contrada della Pusterla: una zona lunga quanto la contrada del Cavallo, con la quale confinava, giungendo verso ponente fino alla linea formata dalle vie che ora indichiamo coi toponimi Principe Amedeo e Acerbi. Questo terzo momento della residenza mantovana di Andrea durò assai a lungo: circa quattordici anni, compresa peraltro la parentesi dei mesi trascorsi a Roma al tempo del papa Innocenzo VIII.
(1489- 1490, allo scopo di lavorare a una Cappella papale in Vaticano, distrutta nel 1780: più cosa miniata che dipintura, afferma il Vasari) Certo è che la casa di contrada della Pusterla, casa di cui era proprietaria la famiglia Malatesta, non fu abbandonata dal pittore se non quando egli fu in grado di entrare alfine nella casa famosa, situata presso san Sebastiano e ufficialmente compresa nella contrada dell’Unicorno.
Già abbiamo ricordato che i lavori di costruzione di tale casa, rimasta legata all’imperitura memoria del Mantegna, erano cominciati nel 1476. L’importante edificio potè assumere il proprio ruolo di signorile abitazione e di febbrile attività creativa solo a partire dal 1496: lo svolgimento dell’impegnativa fabbrica si era protratto per ben vent’anni.
Ma per gli imprevedibili casi della vita il grande artista ebbe la possibilità di godere solamente per sette anni la dimora che gli era costata tante cure e tanta attesa. Si chiuse infatti nel 1502 il quarto momento dell’esistenza mantovana di Andrea: il momento particolarmente felice, contrassegnato dalla presa di possesso della casa desiderata...

Questa accurata ricostruzione è oggi in gran parte accettata, anche se il problema delle abitazioni del Maestro è ancora oggetto di attente riflessioni, specialmente in relazione alla casa affrescata di piazza Marconi, di cui abbiamo già lungamente parlato.



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