La struttura dell'edificio



Il Camesasca descrive così l'abitazione:
Infine è ben conosciuta la vicenda di una chasetina che l’artista voleva costruirsi fuori porta, e che il terreno donatogli dal principe ottimo Lodovico Gonzaga gli permise di tirar su a partire dal 1476 entro le mura di Mantova, presso la chiesa di San Sebastiano. Trasformatasi in un’impresa molto più ambiziosa, diciotto anni dopo non era ancora terminata; però il maestro vi abitava di sicuro nel 1496. Negli studi mantegneschi abbondano gli accenni a questo edificio come a una casa-museo fascinosa e alquanto misteriosa, giacché, sebbene esista tuttora e sia stata restaurata nel 1940, stranamente le si è rivolta scarsa attenzione...
L’edificio si caratterizza per l’inserzione del cortile cilindrico nella struttura complessiva a parallelepipedo. Gli ambienti conservano resti di decorazioni richiamanti il repertorio del Mantegna e lo stemma che i Gonzaga concessero al pittore fin dal 1459. Secondo l’opinione più corrente, la casa-museo venne fabbricata dall’architetto marchionale Luca Fancelli su un progetto maturato dal Mantegna a contatto dell’Alberti.
I restauratori della casa del Mantegna, accogliendo le vecchie opinioni dell’Yriarte, lasciarono cieche le arcate del cortile, né diedero a quest’ultimo una copertura che reintegrasse la cupola con un’apertura centrale (un oculo, insomma) già ipotizzata dal Venturi. Gl’indizi raccolti dal Rosenthal dimostrano a sufficienza l’erroneità del ripristino attuato nel 1940.
Un edificio quale doveva essere questo in discussione venne riprodotto da Francesco di Giorgio nel suo Trattato come dimora signorile con 'atrio e sala', fornendo lo spunto per molteplici applicazioni ai costruttori rinascimentali di ville rotonde. Cosicché, se da un lato dovrebbe risultare chiaro che il Mantegna si fabbricò la casa per abitarvi, e svaniscono nel nulla le ipotetiche funzioni museali, dall’altro sembra più logico ricercare i presupposti architettonici dell’edificio in un ambito diverso da quello albertiano.




Dal canto suo, Giuse Pastore afferma:
La casa rappresenta una immagine architettonica di una studiata geometria nelle linee e nei volumi: il criterio matematico che appare dominante nel perseguire un ideale di armonia può ben far pensare ad una derivazione da Leon Battista Alberti...
Nel contempo, però... si può chiaramente supporre che Mantegna sia pervenuto all'ideazione della propria casa attraverso un processo di progettazione non riferibile ad alcuna tradizione architettonica specifica... L'edificio non appare come un fenomeno isolato nella ricerca di equilibrio compositivo propria delle opere di Andrea, ma si inserisce in un processo scaglionato che trova i suoi rimandi nella soluzione dell'oculo della volta nella camera dipinta nel castello di San Giorgio e, parzialmente, nella stessa cappella funeraria nella basilica di Sant’Andrea...
Sull'architrave sovrastante la porta che immette in una sala dietro la quale è il giardino, si legge la scritta AB OLYMPO... Nell'adozione di questo motto si configurerebbe l'ideale umanistico del grande artista, conscio della propria arte, in una contaminazione profana del senso del divino...

Interessante conclusione. Tuttavia, occorre ricordare che la particella latina ab indica allontanamento da un luogo. Sarebbe forse più corretto concludere che la Casa raffigura quel che resta dopo l'Olimpo, ovvero un'armonia riflessa, e per questo ancora più struggente. Parallelamente, una prospettiva sull'Olimpo, come sembra indicare il magico cerchio che racchiude il perfetto vuoto, o il perfetto cielo.


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