Pur tra le molte perdite e i numerosi furti subiti dal patrimonio mantegnesco
mantovano, qualcosa ancora oggi resiste, all'interno della strana città
circondata dai laghi che accolse il Maestro per gran parte della sua vita.
La gemma più splendente, innanzitutto, ovvero la Camera degli
Sposi, che suscita ancora l'ammirato stupore dei visitatori, perduti
fra le sale di Palazzo Ducale, uno dei complessi architettonici più
intricati e fastosi che occhio umano possa esplorare.
Afferma Giorgio Castelfranco: Ripensando alla Camera degli Sposi non
potrei affermare che la chiamata di Andrea Mantegna a pittore di corte
dei Gonzaga sia stata una fortuna per la sua arte; molte corde inevitabilmente
si allentarono; vero è che tali corde forse si sarebbero allentate
per lo stesso passare degli anni. Ma d'altro lato, indubbiamente di altre
corde la sua arte si accrebbe; egli acquistò una gradualità,
una morbidità di modellato che a Padova non aveva o, meglio, non
aveva con così programmatica sicurezza. Nel paesaggio, pur mantenendo
intatta la decisione e la potenza della predella di San
Zeno e insomma il suo tono eroico, Mantegna diviene meno incubico,
i cieli vibrano altissimi e profondi, il giuocato geologico assume melodiche
rispondenze di forme e di curve.
Altre bellezze tuttavia il turista può scoprire, camminando per
le strade e le piazze della città virgiliana. Vogliamo qui elencare
un gruppo di luoghi mantovani in cui il Mantegna impresse il proprio genio,
o in cui sono comunque conservate le tracce della sua altissima scuola:
Casa del Mantegna
Casa dipinta di piazza Marconi
Museo Diocesano
Palazzo Ducale (Camera degli Sposi)
Ma iniziamo subito a illustrare, con brevi note, il capolavoro assoluto
di Andrea, l'affresco in cui si narrano le storie dei Gonzaga.
Una rapida descrizione dell'ambiente: si tratta di una stanza pressoché
cubica, sita nella torre nord del Castello di San Giorgio. Alla sommità
della volta si apre un oculo dipinto da cui si affacciano angeli e altre
figure. Sotto, si innestano otto lacunari, ciascuno con un medaglione sorretto
da un putto e raffigurante un imperatore romano. Sotto i lacunari si trovano
dodici vele con soggetti mitologici (in particolare, le vicende di Orfeo,
Ercole e Arione). Ogni parete viene poi divisa in tre zone uguali, rettangoli
sormontati da una lunetta, in cui risaltano le imprese della dinastia.
Quanto alle storie maggiori, ecco un sintetico elenco.
Parete nord: appare la corte di Barbara e Ludovico, una teoria di
personaggi radunati intorno al Signore, che sembra aver ricevuto da poco
una missiva. Parete est: si apre una finestra, attorniata da finte
cortine. Parete sud: altre finte cortine. Parete ovest: tre
grandi scene; a sinistra, famigli con cavallo e cani; al centro, altri
famigli con cani e una targa dedicatoria sorretta e circondata da angioletti;
a destra, il cosiddetto Incontro.
Dice la targa: All'illustrissimo Ludovico, secondo Marchese di Mantova...
e all'illustre Barbara, sua consorte, incomparabile gloria delle donne;
il loro Andrea Mantegna, padovano, compì questa modesta opera in
onore loro l'anno 1474. Modesta traduce tenue, che in realtà
allude alla fragilità, alla sottigliezza, all'impalpabilità.
Dunque, la Camera venne dipinta tra il 1465 e il 1474 per il Marchese
Ludovico. Numerosi studi sono stati compiuti in merito, in particolare
per scoprire a quali episodi storici gli affreschi alludono.
Rodolfo Signorini, che ha dedicato all'argomento gran parte della sua attività
di ricercatore, afferma che il Mantegna ha ritratto due eventi ben precisi,
entrambi avvenuti il primo gennaio del 1462. Ludovico, luogotente generale
del duca di Milano, riceve una lettera in cui la duchessa Bianca Maria
Visconti gli comunica l'aggravamento dello stato di salute del consorte,
e lo esorta a raggiungerla. Ludovico ubbidisce con prontezza e, sulla via
della capitale lombarda, incontra quello stesso giorno, a Bozzolo, il figlio
Francesco, cardinale, e il primogenito Federico, che stavano compiendo
il cammino contrario, tornando da Milano a Mantova. Popolano le due scene
altri personaggi illustri (il re di Danimarca, l'imperatore Federico III
d'Asburgo), che pur non essendo direttamente presenti vengono evocati dal
Mantegna per rappresentare al meglio il quadro nobiliare dell'epoca.
La corte di Mantova diviene così la Corte ideale del Rinascimento.
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