Altri monocromi


La Giuditta che qui presentiamo reca con sé i medesimi problemi che accompagnano le opere similari, come il Sacrificio di Isacco a suo tempo esaminato. La Giuditta di Dublino (National Gallery of Ireland) è tuttavia associabile ad una tavola a più colori raffigurante il medesimo soggetto (oggi conservata a Washington), e ad un monocromo giallo-oro ospitato a Montreal. Tutte queste composizioni vegono assegnate agli anni novanta del quindicesimo secolo, attribuendole di volta in volta alla mano di Andrea o alla sua bottega. In particolare, il dipinto a guazzo che ora mostriamo è stato accusato di una certa debolezza nell'esecuzione. Il Christiansen ha però giustamente notato che una parte di questa debolezza (ad esempio, un'apparente mancanza di forza nella definizione delle forme) è in realtà una caratteristica tecnica... poiché... la tecnica non permette che minime modificazioni o correzioni... Altrettanto importante per un'adeguata valutazione del quadro è il fatto che sia stato ideato non come dipinto a monocromo, ma come rilievo pittorico... Il fatto che la composizione sia ricalcata da un disegno aumenta sicuramente le possibilità che l'esecutore fosse un allievo molto dotato. Tuttavia, l'opera è decisamente superiore rispetto ai disegni...




Si ritiene che il dipinto, contrassegnato da una raffinata tinta grigia, fosse inserito in una serie di opere dedicate alle donne illustri (si veda la Didone giallo-oro di Montreal, ma anche la Sofonisba o la Tucia). Tuttavia, ci sembra più interessante sottolineare l'evidente affinità tematica con altre grisailles che propongono temi biblici, e in particolare evidenziano il lato cruento della scena, offrendo al nostro sguardo una lama che sta per colpire (il Sacrificio di Isacco, il Giudizio di Salomone) o che ha già ferito (Davide, l'altra Giuditta). Assai significativo è poi il caso di Dalila e Sansone, in cui l'infida donna, a cui si riferisce una scritta che paragona le femmine al diavolo, taglia i capelli dell'eroe, che ha la medesima espressione rapita e succube dell'Isacco sacrificato.
Troppe coincidenze per supporre un tema di maniera. E' evidente che il taglio della lama rivestiva per il Mantegna un elevato valore simbolico, per quanto ambiguo: l'uso del coltello è talora nefasto e talvolta apportatore di salvezza. La stessa figura femminile sembra vivere all'interno di un'interpretazione duplice: artefice di perdizione in Dalila e Sansone, strumento di libertà nel caso di Giuditta, che tuttavia regge ancora per i capelli la testa del nemico sconfitto, questa volta immerso in un sonno senza ritorno.


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