Il Fauno in lotta con il serpente ci consente di entrare nel territorio
sfuggente delle incisioni e dei disegni di area mantegnesca. Occorre dire,
molto in breve, che non esiste nulla di veramente certo in quest'ambito.
Da tempo si crede che esista un nucleo di sette opere nate dalla diretta
attività incisoria del Maestro: si tratta dunque della Sepoltura,
dei due Baccanali, delle due Battaglie di dei marini, del
Cristo risorto tra San Longino e Sant'Andrea e della Vergine
dell'umiltà, che ha sostituito la più controversa Discesa
dalla Croce. A queste, David Landau ha aggiunto la Sepoltura con
quattro uccelli, la Flagellazione e la Discesa al Limbo,
associabile alla magnifica tempera su tavola custodita a Princeton.
Quanto ai disegni, la situazione è ancora più confusa. Citiamo,
oltre alle opere evidentemente collegate al gruppo appena menzionato, i
due Uccello su un ramo, la serie di Ercole e Anteo, quasi
sicuramente non autografa, i Ritratti, il Marte, Diana e Iride
di Londra, la Virtus Combusta, la Calunnia di Apelle, più
altri esemplari di minore importanza, ovvero evidentemente derivati da
opere maggiori del padovano. Un disegno per il monumento a Virgilio sembra
di qualità non eccelsa, e quindi di solito non viene attribuito
al Mantegna, contrariamente a quanto si riteneva un tempo.
Quanto al Fauno, così si esprime il Camesasca:
Il Fauno in lotta col serpente nel British Museum, affine al
disegno dell’Ercole sia dal lato iconografico sia dal lato stilistico,
ripropone l’altro aspetto del Mantegna grafico, che si esprime rapidamente
a penna, come nei due Uccelli del tempo padovano, e tuttavia con
una maggiore scioltezza, più tenera e più vibrante, quasi
che la lezione del Bellini, presto dimenticata in pittura, rimanesse operante
nei disegni. Ciò che si riscontra in un’altra penna, ugualmente
al British Museum, la Madonna in trono, verso il 1480-90; come rivelano
il Vizio e le Virtù e le Tre divinità, pur
essi nel museo londinese, forse appena anteriori alle tele per lo studiolo
della marchesa Isabella; e le stesse Muse, l’una a Monaco, l’altra
a Berlino, che per quelle tele servirono da modello, permettendoci di vagliare
direttamente l’ipotesi sul divario fra disegnare e dipingere manifestato
da Andrea.
Oltre a rimarcare il consueto giudizio, che riassume in sé più
ombre che luci, notiamo come certa parte della critica sembri perennemente
in disaccordo con il procedere stilistico di Andrea, specialmente in relazione
alla sua nettezza di tratto.
Il Fauno ci pare comunque opera di tutto rispetto: si tratta di
una penna a inchiostro bruno, databile intorno al 1480-85. Il rapporto
fra le tre zone del foglio, il corpo del fauno, le pieghe del suo mantello
e le spire del serpente intorno al braccio, è un mirabile esempio
di equilibrio fra tensioni di tipo diverso. Al disordine vorticoso della
stoffa e all'aggressività maligna dell'animale si oppone lo sforzo
sofferto ma sicuro dei muscoli del fauno. Ancora una volta ritroviamo gli
occhi semichiusi, che qui indicano concentrazione e volontà.
David Ekserdjian osserva: Dal punto di vista stilistico il disegno si
avvicina più al Mantegna che a qualsiasi altro dei suoi allievi
conosciuti... L'esecuzione, nonostante si tratti della rielaborazione finale
della composizione, è tutt'altro che arida e pedante...
Prossima pagina