Il sacrificio del figlio



Tra le opere cosiddette di bottega, la cui autografia è dunque più che incerta, si annoverano esempi di altissima arte. Per sottolineare questo incontrovertibile dato, presentiamo qui un monocromo di elevato pregio, sia per l'ammirevole padronanza tecnica che per il soggetto trattato. L'opera può essere inserita in un gruppo di analoghe composizioni che affronteremo più distesamente nell'ultima sezione del nostro testo.
Come in altri casi analoghi, questa tempera a colla su tela, oggi al Kunsthistoriches Museum di Vienna, ha acceso il dibattito critico, ricco di interventi dai toni e dagli esiti spesso diametralmente opposti. E' l'occasione dunque di ricordare quanto siano precarie ancora oggi alcune conclusioni avanzate dall'uno o dall'altro degli studiosi: la grisaille in questione appartiene ad una serie riguardante i profeti e i grandi personaggi ebraici? Se così è, per quale destinazione e per quale committente il Mantegna e i suoi scolari avevano lavorato? Inoltre, quanto esteso fu l'intervento diretto del Maestro? Il Kristeller e il Berenson pensano ad una vera e propria autografia; Fiocco suppone vasti contributi della bottega, datando il tutto al 1490; la Tietze-Conrat giudica prevalente la scuola, sebbene su ideazione grafica di Andrea. Sembra invece confermato il rapporto tra il Sacrificio e il Davide, un altro monocromo, conservato sempre a Vienna, poiché un inventario di Palazzo Ducale del 1627 li annovera entrambi.





Qualunque sia l'esito della controversia, rimane di fronte a noi un'opera sublime, che finge figure marmoree sopra uno sfondo di pietra verde. E' l'uso di un solo colore, benché variato in modo sapiente attraverso luci e ombre, a determinare il vivido stagliarsi di una scena, immobilizzata per sempre nell'attimo del gesto più doloroso. E' Dio stesso a intervenire, interrompendo il sacrificio nell'istante che precede il compimento dell'irreparabile. La mano che spunta dalle nuvole al posto del tradizionale angelo è tuttavia aperta, volendo segnalare insieme l'accoglimento del proposito e la nuova pace che viene a stabilirsi tra l'uomo e il cielo. Brucia il fuoco e un albero verdeggia, carico dei consueti frutti; vertiginosa è l'espressione di Isacco, perduto nel gorgo fatale, incapace di ribellarsi al volere del padre che lo trascina verso un'incomprensibile morte. Nei suoi occhi, quasi completamente chiusi, si ravvisa l'accettazione del destino, mentre le giovani membra sembrano colpite da un sonno invincibile.
Troppo ardita sarebbe un'interpretazione che legasse meccanicamente la vicenda personale del Mantegna al tema del monocromo. Tuttavia, è da rimarcare come si compongano nell'opera alcuni motivi ricorrenti nell'arte del padovano: il dolore dell'uomo, l'apparizione del trascendente, la natura intatta che assiste al dramma. E nelle fiamme accese si riconosce lo scuotersi di una capigliatura ribelle, indizio di un moto che resiste e freme.


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