Gli ultimi anni del Maestro


Lontano dal centro storico, lungo la strada che conduce a Palazzo Te, sorge la cosiddetta Casa del Mantegna, iniziata nel 1476 ma terminata solo vent'anni piu' tardi. L'artista vi abito' per poco tempo, poiche' nel 1502 fu costretto a cederla al marchese Francesco II. Sarebbe morto quattro anni dopo, lamentandosi per le cattive condizioni finanziarie in cui versava.

Lasciamo parlare Gianfranco Ferlisi: La costruzione esprime compiutamente il culto dell'antico dell'artista ed e' ragionevolmente probabile che l'impianto, cosi' classico e vicino all'idea della domus romana, sia il punto d'arrivo coerente di un processo non riferibile ad una precisa tradizione locale... Infatti, nonostante l'autore materiale dell'edificio sia probabilmente Giovanni da Padova, e' il maestro della Camera degli Sposi a progettare la volumetria perfetta, creata grazie all'inserimento di una forma cilindrica aperta (il cortile) in un cubo squadrato di mattoni. Un intelligente restauro ha consentito di recuperare compiutamente l'aspetto originario, prima occultato da un istituto scolastico, riportando inoltre alla luce alcune parti di affreschi recanti decorazioni e imprese gonzaghesche (il sole raggiante di Ludovico). Riapparvero anche i portali interni e il motto Ab Olympo, che rinvia ad un mondo in cui l'arte ha ancora un profondo significato sacro, poiche' tenta di ricomporre l'armonia continuamente spezzata dalle caotiche vicende terrene. Oggi, la Casa del Mantegna e' sede di attivita' espositive e svolge un'opera meritoria di coordinamento e di stimolo nel settore degli studi storici e artistici, sotto l'egida e il controllo dell'Amministrazione Provinciale.



I Trionfi di Andrea Mantegna, oggi al Palazzo Reale di Hampton Court, Londra



Poco piu' avanti, incontriamo la Chiesa di San Sebastiano, progettata nel 1460 da Leon Battista Alberti ed eseguita da Luca Fancelli. Nonostante lo stravolgimento operato nel 1925 con l'aggiunta di due scale laterali esterne, il tempio si impone per la sua classica purezza, meglio apprezzabile dall'interno, recentemente restaurato. L'occhio corre lungo le pareti, nella pianta a croce greca, senza trovare facili punti di riferimento. La luminosita' della struttura accentua l'impressione di ampiezza, mentre il ritmo circolare prevale, offrendo l'immagine di un vuoto perfettamente modellato e adatto ad ospitare una presenza divina.

Infine, non possiamo non ricordare il Palazzo di San Sebastiano. Si tratta di una struttura oggi completamente restaurata a cura del Comune di Mantova e trasformata nel Museo della Cittą, dove si accolgono opere scultoree e pittoriche dal medioevo al millesettecento. Situata a pochi passi dalla zona del Te, questa imponente costruzione venne terminata intorno al 1508; il committente fu Francesco II Gonzaga, che intendeva allontanarsi dalla corte abbandonando gli appartamenti affollati del Castello. In effetti, egli trascorse qui l'ultima parte della sua vita, morendo proprio in queste sale nel marzo del 1519. In seguito, i suoi discendenti non utilizzarono piu' la dimora, che venne presto abbandonata.

La decorazione del palazzo fu affidata al Leombruno e ad altri pittori mantovani; nelle fastose stanze si svolgevano feste, rappresentazioni teatrali e concerti; molti quadri adornavano le pareti, in special modo opere del Costa e del Mantegna. Qui venne accolta la prestigiosa serie dei Trionfi, oggi custodita in Inghilterra. Parliamo del Trionfo di Cesare, un gruppo di nove tele, dipinto, ma non e' certo, intorno al 1485. Il fantasmagorico corteo, forse ispirato ai Trionfi del Petrarca, percorre le strade di Roma in un delirio immaginifico in cui ogni spazio vuoto viene accuratamente riempito da armi, insegne, affastellamenti di simboli, vesti, statue, oggetti preziosi, cavalli, elefanti e uomini, che incedono quasi sopraffatti da tanto splendore. Se nel Rinascimento esiste un aspetto barocco, questo e' il luogo in cui si rivela: anche Cesare appare minuscolo, perduto in mezzo ai trofei che ha conquistato. Gli animali sono cose, gli sguardi restano estatici; ognuno riflette, nella sua posa, l'appartenenza allo spettacolo maggiore. Impresa difficilissima e' ricostruire i rapporti iconografici soggiacenti; se infatti il soggetto e' estremamente classico, l'ispirazione generale e' del tutto anti-classica, tanto che alcuni studiosi hanno preferito riferirsi ad una cultura orientaleggiante che guardava con interesse quasi esoterico ai cimeli egiziani che circolavano in Italia. Rimane solo un breve orizzonte, specialmente nel quarto quadro: in alto si apre un cielo multicolore che tuttavia non illumina alcun panorama; le nuvole sono tanto intessute da far credere che, stendendo una mano, sia possibile toccare una materia compatta. La tela si richiude cosi' su se stessa, in un vicolo cieco da cui il genio rinascimentale non uscira' piu'.

Letture consigliate: Ab Olympo, di Gianfranco Ferlisi, Mantova (Casa del Mantegna), 1995.

I Trionfi di Cesare, di Carla Cerati, Mantova (Casa del Mantegna), 1993.



Il labirinto


Ritorno a casa



author: giovanni pasetti