La chiesa di Santa Maria del Gradaro


In una zona quasi periferica della citta', poco lontano dalle sponde del lago inferiore, sorge l'antica chiesa di Santa Maria del Gradaro, elegante edificio di aspetto romanico-gotico. La sua facciata a capanna è abbellita da un bel rosone; l'interno e' diviso in tre navate, non alte ma ampie. Rimangono numerose tracce di affreschi, soprattutto nell'abside, dove si conserva in buono stato un dipinto della seconda metà del tredicesimo secolo. Il soggetto principale e' l'Ultima Cena. Sulla grande tavola, resa con gusto bizantineggiante, campeggiano le stoviglie, i pezzi di pane e i pesci, simbolo della nuova fede. Altre decorazioni ornano le navate dove, in alto a sinistra, e' possibile scorgere la figura giovanile di un uomo racchiuso all'interno di un tondo: forse un profeta, forse lo stesso Virgilio, di cui mostra l'aspetto sorridente e gentile.

Interessanti sono anche le parti sopravvissute di un affresco ritmato dal ricadere di un lenzuolo, o di una tovaglia, su cui appaiono tre piccoli segni ricurvi, forse tre piccole lune: il simbolo lunare ricorre spesso a Mantova, sia in relazione all'antico culto di Diana, sia nella rappresentazione della Madonna dell'Apocalisse, come ben si vede ammirando la torre dell'orologio posta accanto al Palazzo della Ragione. Da sottolineare, infine, la presenza continua di una decorazione floreale, associata a piccole bacche rosse che spuntano lungo le pareti.



L'affresco romanico dell'abside: l'ultima cena




Ma la chiesa che oggi visitiamo e' soltanto l'ultima erede di una tradizione antichissima. Si tramanda che gia' nel terzo secolo dell'era cristiana venne costruito sul luogo un edificio di culto, poco distante dal punto in cui venne martirizzato Longino. Che si creda o no all'esistenza del santo cavaliere, e' certo che il quartiere, molto decentrato rispetto al settore in cui si svolgeva la vita dell'antica citta', era divenuto il ricettacolo dei profughi, degli sbandati, dei soldati rimasti senza paga, degli schiavi provenienti dalle lontane terre d'oriente. Lo testimonia anche il suo primo nome, Cappadocia, che deriva da una regione assai inospitale dell' Anatolia, i cui abitanti venivano considerati gli uomini piu' miserabili dell'Impero. E' il tipico ambiente in cui si sviluppava piu' facilmente la predicazione cristiana, inizialmente repressa dall'autorita' di Roma. Notiamo che tale condizione, ad un tempo privilegiata e diseredata, prosegui' a lungo nei secoli. Qui si apriva un cimitero ebraico; qui, d'altra parte, sorgeva la dimora cittadina di Virgilio, le cui fondamenta sopravvissero fino al secolo scorso. Qui di conseguenza, si recava ogni anno il corteo che festeggiava il compleanno del grande poeta.

Per tornare a Longino, la leggenda dice che sul luogo della sua decapitazione venne posta una grata, a perenne ricordo del sacrificio cruento. Essa venne poi sostituita da una colonna, oggi conservata in Palazzo Ducale insieme a un'epigrafe rinnovata da Guglielmo Gonzaga, in cui si legge: Longino, che con la lancia apri' il fianco di Cristo, e due anni dopo porto' a Mantova il suo sangue, in questo luogo chiamato Capadocia, al tempo del preside Ottavio e imperando Galba, il 15 marzo del 71 fu decapitato - dove l'ultima data e' certamente errata, poiche' contrasta con altre versioni piu' attendibili.

Del resto, l'origine del nome Gradaro e' assai controversa: l'appellativo allude alla famosa grata, o alla creta di cui la zona era ricca, o ad una piccola discesa, o ad una salita? Certamente, tutta l'area era detta dei Campi Santi, proprio per sottolineare i supplizi che qui subirono i primi cristiani.

Longino e' dunque una figura che riassume un'intera generazione di eroi della fede e, contemporaneamente, porta in se' l'oscuro ricordo del crimine di cui l'umanita' si macchio' sul Golgota. Il colpo inferto al fianco di Cristo adempie ad una profezia, ma non smette di tormentare la coscienza religiosa del medioevo.



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author: giovanni pasetti