La collezione Acerbi: l'Egitto sulle rive del Mincio


Giuseppe Acerbi nacque a Castelgoffredo, poco lontano da Mantova, il 3 maggio del 1773. Laureato in legge, amante della geografia, della storia naturale e dei viaggi, si spinse a soli venticinque anni fino alla Lapponia e al Capo Nord, redigendo una completa relazione dell'impresa. Di mentalita' progressista, venne apprezzato dallo stesso Napoleone che gli affido' la carica di Addetto alla Legazione della Repubblica Italiana. Fu costretto tuttavia ad allontanarsi presto dalla Francia, a causa di alcune lamentele del governo svedese, indignato per certi suoi taglienti giudizi, contenuti nella famosa relazione. Si trasferi' quindi a Vienna, dove venne nominato nel 1815 Console Generale d'Austria a Lisbona. Non avendo mai di fatto esercitato questo incarico, si stabili' a Milano dove fondo' la nota rivista Biblioteca Italiana; i suoi scritti vennero presto tacciati di conformismo da parte dei redattori del Conciliatore, che, opponendosi all'ispirazione neoclassica del foglio da lui diretto, accusarono il diplomatico di guardare con troppo favore all'Austria. Al contrario, oggi si puo' affermare che egli mantenne sempre uno spirito libero: il nipote Giovanni, futuro generale garibaldino, venne da lui educato secondo questi principi.

La sua attivita' di egittologo inizia nel 1826, quando, dopo aver ottenuto la carica di Console Generale d'Austria in Egitto, si trasferisce ad Alessandria. L'Acerbi subisce immediatamente il fascino dell'antichissima civilta' dei faraoni e percorre il paese a piu' riprese, completando meticolosi taccuini di viaggio e raccogliendo numerosi manufatti di un certo valore. Questa opera di ricerca continua fino al 1834, quando una malattia agli occhi lo costringe a ritornare in Italia, dove muore nel 1846.

La collezione mantovana e' solo una delle numerose raccolte che il letterato esploratore dono' a vari musei e istituzioni della penisola. Mantova possedeva gia', alla fine del Settecento, due statue egizie: Acerbi aggiunse a questo piccolo patrimonio ben quattrocento pezzi, regalati alla citta' nel 1840. Oggi, l'intera rassegna e' ospitata nelle sale di palazzo Te.



Il busto di una divinita' della ventesima dinastia, finemente inciso




Citiamo, in breve, gli esemplari piu' notevoli. Nella statuaria occorre ricordare almeno la sfinge acefala, il gatto bronzeo forgiato ai tempi della XXVI dinastia, la testa regale appartenente al medesimo periodo e, soprattutto, la magnifica immagine di una dea (riprodotta nella fotografia). Quest'ultima, forse opera di un artefice della XX dinastia, rivela un perfetto equilibrio tra il blocco della testa, mosso dalla capigliatura incisa con finezza, e il busto aggraziato che sembra leggermente torcersi su se stesso. Proseguendo, incontriamo diverse statuette in bronzo che raffigurano varie divinita', in special modo Osiride; nel gruppo, rintracciamo anche un curioso esemplare in gesso di epoca romana con le fattezze del dio Bes, una specie di satiro di origine fenicia. Gli oggetti di un corredo funebre possono poi suscitare la curiosita' del turista e dello studioso: accanto al dio Anubi, sotto forma di cane del deserto, si radunano molti piccoli falchi, animali legati al culto sovrano del dio Sole. Sempre nella prospettiva del rito funerario, la collezione annovera numerose statuette shuebte, posate nella tomba per servire e aiutare il morto nelle incombenze quotidiane. I vasi canopici con testa di animale o di uomo contenevano invece le viscere tolte al cadavere, secondo un preciso schema di ripartizione sacra. Infine, notiamo la presenza di alcuni vasi in terracotta, in alabastro e in bronzo. Numerosissimi gli amuleti e i sigilli, e interessanti alcuni esempi d'arte ellenistica: una testa femminile, una stele recante invocazioni magiche, un cinghialino in terracotta azzurra e nera.



Il labirinto


Ritorno a casa



author: giovanni pasetti