Anche la seconda tela rientra perfettamente nel progetto dello Studiolo.
Se nel Parnaso assistevamo al trionfo dell'armonia, qui siamo spettatori
di una singolare battaglia tra i Vizi e le Virtù: ogni stato di
pace e di ritrovata bellezza non deve essere inteso come uno statico Paradiso:
è piuttosto una tregua nell'eterno combattimento tra le potenze
rivali che ispirano l'animo umano.
D'altra parte, anche i tre dipinti rimanenti hanno analoga intonazione:
il Costa termina un'opera intitolata Il Mito del Dio Como, già
iniziata dal Mantegna stesso. Il medesimo autore è poi l'artefice
della complessa Allegoria. Il Perugino, infine, completa la prestigiosa
rassegna, ispirata da alcuni tra i maggiori intellettuali dell'epoca, con
una Lotta tra Amore e Castità, che continua il tema del dissidio
celeste.
Il testo francese già citato ci soccorre ancora con una puntuale
lettura dell'opera:
Minerva potrebbe collocarsi tra il 1497 e il 1502. E’ una delle
opere più compiute del maestro. Il programma è uno dei più
complessi dello Studiolo, nonostante le iscrizioni erudite che ci
aiutano a spiegarlo. Sembra che Isabella abbia concesso a Mantegna di elaborarlo
in gran parte, e questo quadro dimostra la vasta cultura
del Maestro. Qui si palesa l’importanza delle fonti antiche: l’acconciatura
di Venere è presa dal busto antico di Faustina, che apparteneva
alla collezione privata di Andrea; le arcate di verzura si ispirano all’architettura.
I testi di cui Mantegna si è servito fanno riferimento al pensiero
medievale così come a quello dell’Antichità e del Rinascimento.
La scena è racchiusa su due lati da un portico di verzura, ricorrente
nei giardini dell’epoca. Le arcate, con le loro piante simboliche, ricordano
i temi medievali del giardino chiuso e del giardino delle delizie. A destra,
una torre in rovina imprigiona la madre delle Virtù. A sinistra,
il lauro antropomorfo rappresenta la Virtus deserta. Queste due
personificazioni della Virtù chiedono il soccorso divino: i loro
appelli sono trascritti sulle banderuole, come accadeva nel Medio Evo.
I testi invocano l’aiuto degli dei pagani, ma il soccorso che giunge dal
cielo e dalla terra è anche cristiano: così Minerva, che
arriva da sinistra, è allo stesso tempo dea della saggezza e simbolo
della Virtù cristiana della Prudenza. Più grande delle altre
figure, ella introduce lo spettatore nell’azione a cui partecipa la natura
(la roccia, e le nubi dalle espressioni contorte). La dea è preceduta
da Diana (che reca un arco) e dalla Castità, il cui slancio impetuoso
contrasta con la lenta partenza dei Vizi loro nemici. Dall’alto di una
nuvola, le Virtù cristiane Fede, Giustizia e Temperanza vengono
a sostenere la battaglia. In primo piano, i Vizi sono raggruppati in un
acquitrino, dominio del male. Coloro che incarnano i Vizi spirituali sono
umani degenerati: la Pigrizia, sotto i suoi due aspetti Inerzia e Ozio,
è messa in evidenza come madre di tutti i Vizi. Dalla parte opposta,
l’Ignoranza viene portata via dall’Ingratitudine e dall’Avarizia. Al centro,
attorno alla Venere naturale, associata alla Lussuria, sono raggruppati
i Vizi carnali, rappresentati da satiri e centauri, ibridi del repertorio
antico, in cui rappresentavano la vita primitiva dominata dall’istinto.
Un satiro dal grugno bestiale trascina via Eros, privato dei suoi attributi
e che tiene le sue ali nella mano. Il suo arco è tra le mani di
una delle giovani fanciulle in secondo piano (Concordia o Armonia?), la
sua fiaccola è tenuta dal secondo genio in volo, probabilmente Anteros.
Un androgino con la testa di scimmia, che in base alle relative iscrizioni
è al tempo stesso l’Odio immortale, la Frode e la Malizia, guarda
Minerva con terrore e invidia.
Più che di una congerie di immagini, affastellate per difetto
di ispirazione (così alcuni si sono espressi), riteniamo si tratti
di un parlante e sintetico corteo. Qui, con un gusto oggi completamente
perduto, il visitatore di un tempo o la stessa Isabella potevano riconoscere
alcune passioni che abitavano indomite nel cuore degli uomini. Una mitologia
quanto mai attuale, in quell'istante di singolare trapasso tra Umanesimo
e Controrforma che si staglia solitario nel cuore della storia occidentale.
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