I cavalieri del Pisanello: il gioco e la ricerca


Pochi decenni or sono, una scoperta imprevista rivelo' in Palazzo Ducale, nella sala detta prima degli Arcieri e poi dei Duchi per un fregio che riporta i ritratti dei Gonzaga, una meravigliosa opera d'arte che non ha uguali in nessun'altra reggia. Si tratta di un grande affresco, certamente ideato dal Pisanello (nato a Pisa nel 1380 e morto in localita' sconosciuta prima del 1456). Gli archivi della corte parlano infatti di una sala dipinta dall'artista e danneggiata nel 1480 da un repentino crollo. Il salone rettangolare e' situato subito dietro il Palazzo del Capitano e si affaccia su Piazza Lega Lombarda. Alcuni studiosi ipotizzano che l'ambiente fosse una vasta loggia a cui si arrivava per mezzo di uno scalone che nasceva dalla volta posta in comunicazione con Piazza Sordello. Una parte dell'affresco e' ormai perduta, ma quel che resta ci stupisce ancora. Per schematizzare, diciamo che su tre pareti correva una fascia ispirata ai romanzi cavallereschi bretoni, custoditi in gran numero nella biblioteca del marchese Gianfrancesco, il committente. Nessun dubbio su questo, grazie alle scritte che identificano i personaggi principali. Due sono i momenti essenziali del racconto: il grande torneo, in cui caoticamente si scontrano opposte schiere, e il cammino intrapreso dai valorosi nella speranza di trovare infine il Santo Graal, nascosto nella Terra Desolata, resa sterile dalla sofferenza del Re Pescatore. Questo secondo lato e' rimasto allo stato di sinopia, mentre spicca ancora, accanto alla battaglia affrescata, il baldacchino intatto da cui un gruppo di dame, di squisita eleganza, osserva graziosamente i contendenti. Il tutto, tra una miriade di piccoli episodi che restituiscono appieno il gusto della cerca, mentre all'orizzonte sfilano degli edifici per meta' fantastici e per meta' reali; Mantova stessa, forse la rocca di Canossa, forse Gerusalemme...

Molti forse. Inutile nascondere la verita': chi esamina l'opera si addentra, come i cavalieri, in un difficile percorso, poiche' troppe sono le domande senza risposta, come sempre accade quando ci si trova di fronte a un unicum. Le analogie con altri affreschi sono poco significative: si parla di Castelroncolo, presso Bolzano, dove sono effigiati alcuni episodi della leggenda di Tristano. Si fa riferimento soprattutto al Castello della Manta, quasi coevo, in cui si trova la splendida serie dei prodi e delle prodi, a sua volta collegabile alle miniature dei codici quattrocenteschi, specialmente quelli di tipo lombardo-francese. Ma, se la temperie sembra a volte la medesima, a Mantova assistiamo a qualcosa di piu'. Non solo lo stile del Pisanello e' nettamente superiore alla pur interessante maniera degli altri ignoti maestri; e' l'intenzione a rivelarsi di qualita' maggiore, in un intreccio affascinante di avventure cortesi e spirito di Crociata.



Un particolare dell'affresco: le dame assistono al torneo
Iniziamo ad osservare che la datazione del ciclo e' assai controversa: si sono ipotizzati addirittura tre diversi periodi, l'uno intorno al 1425, l'altro spostato verso il 1440, l'ultimo, infine, inserito quasi al termine della vita del pittore, tra il 1447 e il 1455. Non vogliamo addentrarci nella discussione, che si basa su fatti biografici (come la condanna inflitta al Pisanello dal Consiglio della Repubblica di Venezia), iconografici (i rapporti con le medaglie e i disegni, specialmente quelli conservati al Louvre), e di committenza (sembra comunque certo che non sia Ludovico, il figlio di Gianfrancesco, a ordinare l'opera). Un'analisi dei simboli presenti non giunge a conclusioni definitive: risalta, sul drappo che orna il baldacchino, la figura di un cane voltato all'indietro e circondato da una ghirlanda; e' sicuramente un'impresa gonzaghesca, che ci fa notare come lo svolgimento del torneo a cui assistono le dame venga immaginato all'interno del cortile del palazzo. E' questa un'indicazione fondamentale, perche' evidenzia la sintesi compiuta dall'artista, che unisce una materia letteraria di matrice straniera alle vicende concrete dei signori di Mantova. E' un dato sorprendente: lo si puo' spiegare solo accettando che la dinastia dei Gonzaga, grazie alla reliquia del Sacro Sangue e alla parentela piu' volte ribadita con i Lorena, si sentisse investita di un compito di natura sacra che la equiparava ai protagonisti delle gesta arturiane e a Parsifal stesso. Altri dettagli ci conducono al medesimo punto. La decorazione a Esse che sormonta la fascia e' stata interpretata in vari modi: Ilaria Toesca ha insistito sul rapporto con la casata dei Lancaster, poiche' il re d'Inghilterra Enrico VI aveva concesso a Gianfrancesco il privilegio di donare questa divisa, tipica della famiglia inglese, a cinquanta cavalieri della corte. Di contro, Joanna Woods-Marsden , sottolineando l'affacciarsi di un piccolo uccello tra ogni coppia di lettere, ha voluto mettere in relazione l'ornamento con l'Ordine della Nostra Signora del Cigno, creato dall'elettore Federico II di Brandeburgo. E' una notazione interessante, soprattutto perche' rinvia a un Ordine che si basa sulla figura mitica del Cavaliere del Cigno, uno dei bambini-cigni della leggenda lorenese, divenuto poi il figlio di Parsifal, Lohengrin (Garin le Lorrain). Rimarchiamo comunque che le due tesi non sono necessariamente in contrasto; in una mostra londinese e' apparso un gioiello quattrocentesco che combina proprio le due simbologie: si vede infatti un cigno che tiene nel becco un collare di cuoio con la doppia Esse; una teoria abbastanza accettabile afferma che la lettera maiuscola indica esattamente il cigno, ovvero cygnus, pronunciato con l'iniziale sibilante.

In conclusione, molti anni sono trascorsi dall'epoca in cui un gruppo di goffi cavallieri assaltava una rocca correndo sulle pareti del Palazzo della Ragione. Tuttavia, qualcosa continua a proporsi nel tempo. L'inquietudine dei Gonzaga, che si trasmetteva di padre in figlio, puo' essere associata a questo slancio di ricerca; nessuna impresa era loro negata, se restavano custodi di una minuscola goccia scesa dal fianco del Salvatore. Ma nei romanzi cavallereschi si insegnava che il Graal e' irraggiungibile da chi cerca il potere mondano, e la stessa Gerusalemme, ormai ritornata in mano agli infedeli, sembrava solo un lontano miraggio. Dall'inquietudine, pero', nascono le opere d'arte. I muri della reggia si ricoprono di simboli, nell'attesa di una gloria sempre rimandata.

Lettura consigliata: Il Sangue e la Coppa, di Giannino Giovannoni e Giovanni Pasetti, Mantova (Casa del Mantegna), 1993 .



Il labirinto


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author: giovanni pasetti