Scrive Alberto Jori:
Curiosamente, sinora l’edificio non ha attirato l’interesse degli studiosi
nella stessa misura delle altre opere del Mantegna. Vero è che nel
corso dei secoli esso è stato profondamente alterato, sicché
fino a tempi recenti rimanevano visibili solo pochi frammenti della struttura
originaria. Tuttavia, grazie in particolare al provvidenziale intervento
effettuato negli anni 1940-41 dalla Soprintendenza ai Monumenti di Mantova,
lo si è potuto restituire, almeno in parte, alle sue forme autentiche.
La dimora di Andrea Mantegna ci si presenta dunque ora come un cubo, il
cui lato misura approssimativamente 25 metri. Al centro, troviamo un cortile
circolare del diametro di 11 metri...
Se proviamo a semplificare la pianta dell'edificio, riducendola all’ossatura
delle strutture perimetrali (e ignorando, contestualmente, la leggera asimmetria
che esibiscono i lati del quadrato di base), ne risulta la seguente figura
(...)
Quest’ultima rende agevole accertare che le misure del quadrato e quelle
del cerchio omocentrico che si trova al suo interno sono correlate da proporzioni
precise. Infatti, il segmento AB, determinato dal prolungamento di un lato
del quadrato idealmente inscritto entro la circonferenza (e i cui lati
sono paralleli a quelli del quadrato perimetrale) misura approssimativamente
m. 8,5. Esso corrisponde alla sezione aurea del segmento OC che,
partendo dal centro del cerchio si incontra con il lato del quadrato perimetrale,
determinando due angoli retti (ed è quindi parallelo ad AB).
Da qui lo studioso parte per compiere un'interessante disamina delle
valenze ideali che la sezione aurea riveste in epoca rinascimentale.
Ancora una volta, dunque, si mostra dinanzi ai nostri occhi un disegno
sottile e attentamente realizzato, che conduce alla invenzione di un solido
perfetto, fabbricato per rappresentare un mondo o un paradiso in miniatura.
Ma, se tutto è questo è vero, dobbiamo concludere che Mantegna
fu anche grande architetto?
Gli studi più recenti e avvertiti non sembrano lasciare dubbi. Andrea
fu un artista completo, e il progetto della dimora rappresenta anzi uno
dei punti più alti del suo percorso creativo, proprio perché
traduce in spazio e muratura i fragili eppure compiuti equilibri che circondano
le figure dipinte sulle tele.
Scrive ad esempio Ferlisi:
Il Vasari rammenta che l'artista dilettossi anche de l'Archiettura:
et accomodonne molti suoi amici. L'artista infatti, in linea con i
suddetti precetti, ha conoscenze architettoniche tali che già negli
anni '50 fornisce un disegno per la nuova cappella del
Castello di San Giorgio... Le competenze dell'artista facevano da fulcro
alla vita artistica locale ed egli, in un perfetto sodalizio col principe
e la sua consorte, si prodigò in una attività infaticabile,
eseguendo disegni per tappezzerie, dipingendo scenari per teatri, ideando
suppellettili e vasellame, fino alla progettazione architettonica... Parecchi
palazzi videro l'intervento dell'artista più in veste di progettista
che di vero esecutore. In essi la professionalità del Mantegna si
esplicò non solo nella definizione delle pitture murali ma anche
dell'aspetto globale della facciata.
L'artista intese proporre nel progetto della propria casa una sintesi di
sacralità... e di tradizione profana classica... in un ossequio
preciso ai precetti albertiani...
A lungo si potrebbe discutere in merito a quest'ultima affermazione,
poiché un'effettiva dipendenza di Mantegna dall'Alberti è
ancora tutta da dimostrare. Comunque, importa qui sottolineare che il Maestro
non si allontana mai da un'idea nuova dello spazio, perché è
certamente vero che nel Rinascimento l'uomo viene a situarsi fra terra
e cielo, in un mondo abitato da proporzioni divine.
Così, la Casa si erge come paradigma del rapporto tra l'artefice
e la natura; e viene ad essere, d'altra parte, la sede più consona
per ospitare quel progetto di ricostruzione a cui l'artista si dedica,
abbracciando con il suo sguardo le rovine lasciate dalla civiltà
antica, il paesaggio creato da Dio e la schiera di personaggi che in questo
ambiente si muovono, impercettibilmente animati dalla forza delle passioni.
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