Il seduttore e il labirinto


Il cosiddetto Appartamento Ducale venne creato nei primi anni del Seicento all'interno della fancelliana Domus Nova; l'autore della ristrutturazione fu Antonio Maria Viani, l'architetto preferito dal duca Vincenzo Gonzaga, figlio di Guglielmo. Questo instancabile libertino, divenuto signore di Mantova nel 1587, era un uomo assai fantasioso e volubile, sempre oscillante tra progetti di imprese capaci di ravvivare il suo prestigio e una vita di corte improntata allo spreco e alla dissolutezza. Protettore del Rubens, del Tasso e di Monteverdi, destino' la parte migliore del suo indubbio talento al corteggiamento e alla seduzione di belle e compiacenti dame di tutta Italia. Le sue avventure ebbero spesso toni boccacceschi: spicca, in particolare, il prolungato esame a cui venne sottoposto il suo membro virile. Senza alcun dubbio, si trattava di un organo perfettamente funzionante; ma il processo di annullamento del matrimonio del giovane con Margherita Farnese, una donna poco amata e fonte di guai dal punto di vista politico, pose in questione proprio questo aspetto della nobile unione. Una volta superato il primo problema, Vincenzo fu costretto, nella prospettiva di nuove nozze con l'ambita Eleonora de' Medici, a dissipare ancora una volta i dubbi e i sospetti. Un tribunale improvvisato si riuni' a Venezia per controllare con la massima attenzione le capacita' erotiche del futuro duca; come banco di prova venne utilizzata una ragazza fiorentina di nome Giulia.

Tuttavia, Vincenzo non e' una figura da Commedia dell'Arte. Al contrario, la caratteristica principale del personaggio e' l'inquietudine, come dimostra la sua triplice partecipazione alla guerra contro i Turchi, che avevano invaso i territori dell'Impero. Purtroppo, per ragioni diverse, queste spedizioni si risolsero in un sostanziale fallimento: la terza, che vide l'assedio della citta' di Canissa, si traformo' in una continua lite tra i comandanti; le divisioni interne costarono all'esercito pesanti perdite, e lo costrinsero a ripiegare. In realta', il duca, curioso di ogni arte, ipocondriaco, affascinato dall'alchimia e dalle pratiche stregonesche, desideroso di farsi accettare ad ogni costo dalle dinastie europee, riflette bene lo spirito del tempo, un'epoca di progressiva crisi in cui lo splendore del Rinascimento si appanna, circondato dalle nubi dell'Inquisizione, delle pestilenze, delle truppe sbandate. Mantova incomincia a decadere.



Soffitto dell'appartamento di Vincenzo a Palazzo Ducale: il cielo e' un enigma



Dello smarrimento di un principe puo' essere simbolo, ancora una volta, il grande soffitto a labirinto che troneggia nella stanza omonima. Il Viani non invento' questa decorazione. Prese un'opera che gia' esisteva nel palazzo di San Sebastiano e la adatto', aggiungendo a mo' di fregio una scritta che allude al famoso assedio: Mentre sotto la rocca di Canissa combatteva contro i Turchi Vincenzo Gonzaga, quarto duca di Mantova e secondo del Monferrato... Null'altro: la frase resta sospesa. Forse, per coglierne appieno il senso occorre unirla al motto Forse che si' forse che no, che percorre tutta la via (priva di biforcazioni e quindi obbligata) del labirinto. Alcuni hanno dunque creduto di interpretare il tutto come un'invocazione del Gonzaga, incerto sugli esiti della battaglia. Da notare che, alla fine del cammino, si trova un rettangolo con il motto Dedalee industrie et Teseie virtutis, attorniato da lacci che si annodano a due cuori.

La spiegazione sopra riportata non ci convince appieno. Occorre ricordare che Vincenzo era estremamente legato a questo tipo di intreccio tortuoso, come dimostra l'enorme labirinto vegetale che il Bertazzolo predispose nelle campagne oltre Palazzo Te. Certo, se un principe vuole come soffitto del proprio appartamento un disegno in cui salvezza e perdizione si uniscono indissolubilmente, la decisione e' indizio di una grave ansia, quasi che alla complessita' del mondo si sovrapponesse un analogo quadro celeste. Allora ogni rocca diviene imprendibile, e il Teseo che raggiunge il centro inventato da Dedalo rischia di restare imprigionato all'interno della sua stessa dimora. Quanto al riferimento letterario (il Forse che si' forse che no tanto gradito a D'Annunzio e' il titolo di una canzonetta dei primi anni del Cinquecento), la sua prima fonte sembra appartenere a un tempo molto lontano. In una casa del quartiere ebraico di Toledo, di epoca medioevale, e' stato ritrovato un curioso graffito in cui si riconosce una spirale con la scritta puede que si'. Allora, il nostro Forse che si' e' probabilmente l'aggiornamento di un emblema molto piu' antico. La spirale, d'altra parte, e' l'aspetto vorticoso e terrorizzante del labirinto. Non e' difficile entrare, ma uscire. La spirale attira lo sfortunato visitatore, ma lo porta a sprofondare in un gorgo infernale da cui nessuno ritorna. E' l'opposto della rupe che si innalza, del monte Olimpo la cui ascesa conduce alla gloria; e' il doppio, l'incavo, la componente liquida e infida. Utilizzare un'opera appartenuta agli avi, modificarla, completarla, installarla sul proprio soffitto, significa scegliere un segno, un perenne monito. Nell'eta' della Controriforma ogni conquista spirituale precedente viene messa in dubbio. Se la ben nota virilita' di un grande amatore aveva subito una cavillosa contestazione, cosa poteva accadere al luminoso connubio d'arte e di sapienza che nella reggia aveva trovato una magnifica dimora? Il Ghetto va chiuso, gli ebrei uccisi. Il duca esegue, ma una sottile angoscia infesta ogni suo pensiero.


Ritorno a casa



author: giovanni pasetti