Lo Scriptorium e i suoi tesori


La raccolta dei codici polironiani posseduta dalla Biblioteca Teresiana e' di straordinaria importanza; essa discende da una collezione che, nel millesettecento, comprendeva oltre quattrocento manoscritti. Nonostante alcune dispersioni, possiamo ben dire che la grandissima parte di questa serie di capolavori e' arrivata integra fino a noi, regalandoci una foresta di simboli, di mostri, di intrecci vegetali, di sante figure e di antichi committenti.

L'attivita' dello scriptorium inizia gia' nell'undicesimo secolo, favorita certamente dalla dinastia dei Canossa che controllava, attraverso il ramo lorenese, molte terre in cui fiorivano monasteri analoghi (basti pensare a Orval, l'Aurea Vallis fondata grazie al contributo determinante di Matilde). E' facile sospettare un fitto interscambio tra le comunita', che detenevano a quel tempo il primato assoluto della cultura e della diffusione della lingua. A questo proposito non si puo' non menzionare l'evangelario 492 conservato nella Pierpont Morgan Library di New York (1099); nella magnifica crocefissione appare un dettaglio davvero curioso: dalla base di ognuna delle tre croci sgorgano tre fiumi aurei. Il secondo periodo della produzione e' legato al nuovo splendore raggiunto dall'Abbazia nel quindicesimo secolo. Oltre a catalogare i volumi preesistenti, e a ricopiarne le opere, si amplia anche il patrimonio della biblioteca, ormai precisabile nei suoi contenuti. Ai testi liturgici, evangelici, alle vite dei santi e al diritto canonico si affiancano autori classici; l'officina miniatoria prosegue nei suoi splendidi lavori, come ci dimostra ad esempio l'esemplare numero 142, ornato da molti iniziali finemente disegnate. Tuttavia, scorrendo sia pure in modo affrettato l'elenco dei titoli, spicca l'assenza di opere che si riferiscono alla devozione mantoivana del Sacro Sangue. E' uno scherzo del destino, che ci ha privato proprio di questo filone di libri? Oppure si deve interpretare la lacuna come il sintomo di una diffidenza dei monaci benedettini nei confronti dei loro fratelli di Sant'Andrea? Sopravvive soltanto una tarda raccolta, che illustra vari temi eucaristici e si sofferma sul problema del sangue di Cristo: possiamo supporre che in realta' la questione dei Sacri Vasi fosse di problematico impatto teologico, e che la venerazione sconfinasse talvolta nell'eresia. Tale argomento meritera' certamente d'essere approfondito.



La lettera miniata di un codice dell'Abbazia di Polirone, oggi conservato nella Biblioteca Teresiana



Menzioniamo ora alcuni tra i migliori esemplari ospitati nelle sale della biblioteca mantovana. Il 342 risale al decimo o all'undicesimo secolo; nella miniatura della prima carta appare, accanto ad una lettera A che definire labirintica sarebbe riduttivo, la figura di Petrus Abbas, davanti a San Matteo. Il codice 207 si distingue per alcuni esili disegni di mostri attorcigliati, che si morsicano spesso la coda. Del numero 461 si ricorda soprattutto l'effigie del vescovo Burcardo, rappresentato nell'atto di scrivere sotto un arco orientaleggiante. Il 144 (Psalterium Davidicum) e' impreziosito da numerose lettere dorate, tra cui una grande B; il numero 145 e' la sua continuazione, databile al dodicesimo secolo. Raffinatissimi gli intrecci del 448, dipinti con linee rosse che si stagliano sul verde e sul blu. Di caratura assolutamente straordinaria e' il 340, contenente testi di Agostino, in cui troviamo una miniatuura di David in trono mentre suona l'arpa, oltre a moltissimi altri episodi con monaci, santi e cavalieri; splendida una crocefissione che risale, come tutta l'opera, all'inizio del dodicesimo secolo. Vogliamo poi citare il numero 132, da cui e' ricavata l'immagine che illustra questo articolo, e il 439, in cui appare un Arbor parentelae insieme a varie creature favolose. Ieratiche le figure del 256, molto allungate e imponenti; le iniziali zoomorfe caratterizzano la sua continuazione, il 257. Potremmo proseguire a lungo, citando il pavone irato del 467, o il dragone con la coda ad uccello dello stesso manoscritto; oppure la straordinaria B del 442, in cui sembrano imprigionati alcuni uomini che si dibattono nel fogliame insieme ad esseri misteriosi, mentre un cavaliere con spada e scudo attende di penetrare nel bosco formato da una semplice lettera. Qui ci fermiamo, quasi rapiti di fronte a tale vertiginoso mondo, che ci fa intuire come nessuna fantasia fosse vietata all'epoca, e come proprio il linguaggio rappresentasse la sorgente misteriosa delle apparizioni divine e delle vicende umane, smarrite in una interminabile ricerca. Ogni parola rimanda a un'altra, e nella foresta nascono miracolose presenze.

Lettura consigliata: Wilgelmo e Matilde, di Arturo Carlo Quintavalle, Milano (Electa), 1991.


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author: giovanni pasetti