Il Museo Diocesano:

reliquie e splendori


Il Museo Diocesano, intitolato al vescovo Francesco Gonzaga e inaugurato nel 1983, viene spesso ingiustamente tralasciato dal turista frettoloso. Eppure, la sua posizione è centrale: sorge nella grande e alberata piazza Virgiliana, a pochi passi dal Duomo, nell’antico convento di Sant’Agnese che un tempo ospitava i monaci forestieri. La sua facciata, da poco restaurata, è un nobile esempio di architettura neoclassica su progetto tardosettecentesco del veronese Paolo Pozzo. Inoltre, nelle sale si trovano raccolte inestimabili, manufatti preziosi che testimoniano alcune tappe dell’intensa storia sacra di Mantova e provincia. Provengono dalla spogliazione progressiva del patrimonio ecclesiastico locale e da una serie di munifiche donazioni. Si tratta dunque di una rassegna straordinaria, in continuo ampliamento. Si deve ricordare, fra l'altro, la presenza di una sala che utilizza il metodo Braille per consentire agli ipovedenti di apprezzare il patrimonio artistico presente nel Museo.

Vi sono almeno otto diverse sezioni, tutte meritevoli di uno studio approfondito.

La collezione di arte sacra antica parte dal basso medioevo per giungere fino al settecento. Subito appare un interessante pluteo in marmo, proveniente da una parrocchia di Mosio, vicino ad Acquanegra; risale all’ottavo secolo e presenta nove riquadri in cui si muovono alcuni animali simbolici, collegabili alla fede cristiana; il rozzo intaglio dei corpi ha effetti di grande fascino. Seguono i frammenti di un ambone, di epoca contigua, trovato nei pressi dell’antica San Paolo, oggi distrutta. Ricordiamo poi un bel capitello romanico con testa femminile e uno splendido leone raffrontabile agli esempi scolpiti di Niccolò o di Wiligelmo.

Tra le opere rinascimentali spiccano tre tondi appartenenti all’atrio di Sant’Andrea, e uno che era situato nel timpano: la Deposizione e la Sacra Famiglia sono attribuite al Correggio; Sant’Andrea e San Longino (timpano), e l’Ascensione sono invece di scuola mantegnesca. Seguono manufatti posteriori, come i quadri del Garofalo, di Benedetto Pagni, del Baglione; la suggestiva ed enorme opera di Domenico Fetti; una serie di dipinti dello Schivenoglia; numerosi raffinati reperti di scuola emiliana, lombarda, veneta.

Pluteo dell'ottavo secolo, proveniente dalla chiesa di Mosio



Nella collezione di tele moderne a tema religioso si scopriranno opere di Guttuso, Tamburi, Sassu, oltre ad una ricca raccolta di pittori mantovani del novecento, tra cui Guindani, Lomini, Pesenti; interessante la sezione dedicata al surrealista Lanfranco, con oltre venti pezzi in mostra.

Per quanto riguarda gli arazzi, si può ammirare una serie di sei esemplari che ornavano il Duomo di Mantova, donati nel 1599 dal vescovo Francesco Gonzaga. Inoltre, tre spettacolari millefiori, di epoca più antica, ricchi di una fantasmagoria vegetale, a disegnare paesaggi fantastici e invenzioni araldiche.

La collezione di oggetti legati al culto è straordinaria: ricordiamo soltanto tre croci astili del quattordicesimo e quindicesimo secolo, provenienti da Poggio Rusco, da Suzzara e da Mantova; la prima (quattrocentesca) colpisce per la raffinata e patetica interpretazione del supplizio di Cristo, presente insieme agli apostoli, alla Vergine e alla Maddalena. E non è possibile tralasciare il Messale Romano di Barbara di Brandeburgo, moglie di Ludovico Gonzaga; il codice venne miniato da Belbello di Pavia (1460) e da Gerolamo di Cremona; indescrivibile è la grazia delle coloratissime figure, che disegnano un mondo di fiaba e di preghiera.

Vasto spazio è poi riservato ai reliquiari: l’Urna (1570 circa) in ebano, quarzo e argento dorato viene dalla basilica palatina di Santa Barbara, ed era destinata in origine a contenere il Preziosissimo Sangue. Notevole è il Reliquiario di Sant’Adriano, in avorio, argento e tartaruga, opera barocca di manifattura tedesca, del 1620 circa; notevolissimo il Reliquiario della Santa Croce, opera in argento dorato e cristalli di rocca voluta dal duca Guglielmo per racchiudere alcuni frammenti lignei (ritenuti parte della Vera Croce), ornati a loro volta da smalti eseguiti a Bisanzio nel secolo decimo. Ricordiamo, quasi alla rinfusa, le pissidi e i cofanetti, il gioiello tedesco recante il monogramma JHS, il Reliquiario del Preziosissimo Sangue (cinquecentesco), le pianete, i piviali, le mitrie.

Indimenticabili sono le armature quattrocentesche provenienti dalle pareti della Chiesa delle Grazie e forgiate nella bottega milanese dei Missaglia: è una raccolta unica al mondo che comprende, oltre a molti pezzi completi, uno spadone, dei bracciali, delle manopole. Ne aumenta l’oscuro fascino una grande spoglia di coccodrillo proveniente dal locale Liceo Classico, che sottolinea l’ambiguo confine tra la fede cristiana e le antiche superstizioni contadine.

Eccezionale è la serie di esemplari di ceramiche di Limoges, dal 1500 e dal 1800, recentemente donata da un collezionista mantovano.

Ugualmente imperdibili sono gli avori occidentali e orientali che fanno bella mostra di sé in una sala dalla suggestiva illuminazione.

Infine, ecco una collezione di quadri di Giuseppe Bazzani (1690-1769), il grande artista settecentesco nato a Mantova, dotato di una sublime tecnica luministica che lo porta a creare tele di soggetto sacro in cui l’ombra e la luce si fondono con effetti degni della maggiore pittura veneziana.
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author: giovanni pasetti