Un poeta di lingua provenzale


Pur Virgilio si trasse a lei, pregando / che ne mostrasse la miglior salita; / e quella non rispuose al suo dimando, / ma di nostro paese e de la vita / ci 'nchiese. E 'l dolce duca incominciava: / 'Mantua...', e l'ombra, tutta in se' romita, / surse ver' lui del loco ove pria stava, / dicendo: 'O Mantoano, io son Sordello / de la tua terra!'; e l'un l'altro abbracciava.

Questi versi danteschi introducono la celebre invettiva rivolta contro la decadenza italiana. La figura di Sordello rappresenta, al contrario, le migliori virtu' del carattere: raccolto nella sua meditazione, ma non tanto da non provare un'immensa felicita' incontrando il suo augusto conterraneo, Virgilio.

Sordello nacque a Goito, a pochi chilometri da Mantova, nei primi anni del tredicesimo secolo. Proprietario di un piccolo castello, ma di famiglia non ricca (il padre era un paubre cavalier), due sono i suoi grandi amori, che gli consentono di evadere dal borgo: la poesia e le armi. Uomo avvenente, campione nelle giostre e nei tornei, sa accendere il desiderio ardente delle donne: Non mi stupisco se i mariti sono gelosi di me / tanto sono scaltro nell'arte dell'amare. Famoso e' l'episodio in cui il cantore rapisce Cunizza da Romano, sorella del crudele Ezzelino. Ma numerose sono le sue avventure galanti, tanto che il successivo matrimonio con Otta di Onedes viene celebrato in segreto.

Sordello viaggia di corte in corte, spesso battendosi con altri cavalieri. Va in Spagna e poi in Francia; attraversando la citta' di Troyes, patria di Chretien, l'autore de Il racconto del Graal, trova il tempo di vincere in duello un avversario, presentandosi poi di fronte al re con tutta la sua baldanza. Infine, viene accolto da Raimondo Berengario IV conte di Provenza, e qui rimane, avendo occasione di terminare numerosi componimenti: canta specialmente Guida di Rodez, nobildonna provenzale. Morto Raimondo, gli succede Carlo d'Angio'; Sordello si mette volentieri al suo servizio, consigliando al giovane signore di intraprendere grandi avventure. Carlo segue questo suggerimento e nel 1248 parte per la settima crociata, chiedendo al poeta di accompagnarlo; egli rifiuta, adducendo la sua allergia per le lunghe traversate marine. Partecipa invece, nel 1265, alla discesa in Italia degli angioini; viene immediatamente incarcerato, ma ottiene presto la liberta' grazie all'intervento del potente protettore, che gli dona anche alcuni castelli. Poco piu' tardi, intorno all'anno 1269, il trovatore goitese muore.



Una miniatura raffigurante Sordello




Sordello fu poeta di buon valore e si espresse nel linguaggio provenzale, quella variante di francese ormai perduta che puo' essere definita a buon diritto lingua dell'amor cortese. Fu dunque un trovatore, il piu' grande nell'ambito del territorio italiano: fu un uomo che trova, che inventa. Ci restano di lui 42 liriche e il poemetto Ensenhamen d'onor, in cui vengono elencatati i precetti essenziali a cui deve attenersi il buon cavaliere: Non puo' essere alcun uomo / davvero saggio se, pur contro voglia, / non governa il suo talento col proprio senno, che dal danno lo preserva. Ma sempre ritorna la parola antica: E' la cosa piu' pura del mondo / amore, se si guardi con sano giudizio...

La sua opera piu' celebre e bizzarra e' tuttavia il Compianto in morte di Blacatz, in cui si augura che il signore scomparso vada in pasto agli inetti baroni: costoro devono mangiare il coraggioso cuore per assumere quella virtu' di cui difettano. E il componimento termina con aspre parole rivolte alla nobilta' del tempo, che certamente avranno provocato in Dante un moto di approvazione: Male mi vorranno i baroni per cio' che dico a ragione, / ma sappiano bene che poco li stimo quanto poco mi stimano.

A nostro parere, comunque, gli esiti lirici piu' alti vengono raggiunti da Sordello nelle canzoni dedicate alle donne, in cui la passione dell'amante si raggela quasi, costretta dalla misura che l'intelletto deve mantenere, conservando uno sguardo limpido e chiaro. Citiamo La neve e la rosa, perfetto esempio di questa unione: Atretan dei bei chantar finamen / d'invern com faz d'estiu, segon rason..., dove finamen e' la parola chiave: raffinatezza, sottigliezza, perfezione, fine amore e fine d'amore. Cantare io devo con perfetto amore / tanto d'estate quanto d'inverno, secondo ragione. / Cosi' col freddo voglio fare una canzone / come quando in primavera ho vaghezza di cantare: / poiche' alla rosa si assomiglia colei che io canto / e la neve altresi' ha lo stesso sembiante; / percio' d'estate e d'inverno devo per l'amor suo cantare, / tanto forte la rosa e la neve mi fanno ricordare.

Lettura consigliata: Sordello da Goito, di Emilio Faccioli, Mantova, 1994 .


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author: giovanni pasetti