Il Duca di Atene

Nono

Qualche giorno dopo Andrea era solo, a casa. La luce tornava a velarsi, dopo aver attraversato ore di certezza abbagliante.

Pensava "Ho firmato il contratto, ho telefonato a Cesare. Ho fatto la mia scelta."

Segni sull'agenda, sbarrette nere e ordinate, coprivano gli appunti già esaminati. Andrea aveva un metodo molto particolare per raggruppare i ricordi: annodava eventi distanti, lontani nello spazio e nel tempo, eventi che non sembravano avere nulla in comune. Formava così lunghe catene di elementi dissimili e le paragonava accuratamente, rintracciando i punti che davano forza ai legami, costringendo la memoria a ricordare solo questi punti, deducendo il resto da loro, rischiando l'errore.

Seguiva questo metodo perché la sua intelligenza intuiva in fretta le situazioni, prima ancora che fossero evidenti, ma diventava altrettanto debole nelle soste, nei momenti vuoti della giornata, quasi cercasse un cibo che non trovava e morisse lentamente di inedia, spossata dalla sua stessa avidità.

Andrea cercava sempre novità, anche immaginarie. Quando il necessario era già stato ultimato, si costringeva a lavorare con pazienza e accanimento per rifinire gli schemi, sapendo bene che quell'attività era assolutamente inutile. Ma la mente nel riposo gli sfuggiva, e almanaccava problemi eterni, grandi mongolfiere gonfie di aria calda. Ripensando alla lettera spedita a Barbara, temeva di non aver usato il tono giusto.

"Quanti soldi mi servono per realizzare il progetto? Forse basterebbero cento, duecento milioni. Per un patrimonio di molti miliardi, questa è solo una piccola percentuale sulla rendita. No, non c'è altra strada, la strada è una, è la solita. E se mia zia scomparisse, all'improvviso?"

La divagazione iniziava sempre da problemi concreti, illusoriamente concreti.

"Forse è malata, forse un embolo le sta viaggiando nel cervello. Io dipendo da lei e lei, all'improvviso, muore. L'eredità non va a Cesare, non va a Diana. Le controversie si trascinano per anni e lasciano il denaro nelle banche, immobile. Basta un attimo perché tutto svanisca."

Continuava a pensare, senza riuscire più a fermarsi.

"Le nostre costruzioni non sono destinate a sopravvivere. Le fibre si scioglieranno, spezzate, come accadrà al nostro corpo. Questo vale anche per le parentele, e per ogni altro vincolo. Certo... È difficile pensare a uno spazio vuoto e spento, e ancora più difficile è immaginare il colpo, il taglio che ci prenderà. Potrebbe darsi che l'ultimo istante, l'ultimo in cui c'è ancora il tempo, fosse eterno. Lei, morendo, non saprebbe di cosa mi priva, ma penserebbe solo all'estremo attimo di luce, come un esploratore che sale sullo scoglio e vede il mare. Sa di non poter proseguire, sa che annegherebbe: la sua ricerca è arrivata all'ultimo confine. Io credo al mio progetto, e l'esploratore vorrebbe ripartire... Dovrei meditare, abituarmi alla concentrazione, associare all'impresa altre persone, in modo che tutto sia più stabile, meno legato ai capricci di una vecchia signora. Non conosco nemmeno la sua reazione alla mia lettera. Perché non ho amici ricchi?"

Sembrava che la morte si aggirasse davvero sulla soffice moquette. Era un vecchio scheletro bianco con un falcetto piantato tra le falangi e i denti anneriti che sbattevano contro il palato. Andrea accese la lampada da tavolo dello studio. I fantasmi svanirono, morti anche loro, ritornati alla nascita. Per liberarsi dalla paura, decise di rileggere il primo abbozzo del programma.

Guardando i fogli sparsi attorno notò che c'erano ancora troppi punti oscuri e scrisse, sulla prima pagina di un notes nuovo, "Vorrei che il filo conduttore delle storie fosse una ragazza. Ma cosa può fare per muoversi tanto?"

Senza saperlo stava pensando a Diana. Pensava infatti a una ragazza molto bella, che colpisce gli uomini con la sua indifferenza, che nasconde certamente un calcolo, che ispira timore e ansia di risolvere il timore. Una ragazza con la gonna corta.

Vide le sue gambe riflettersi sul vetro della finestra, e se non riconobbe l'orlo d'argento fu perché chinò bruscamente la testa, scacciando l'immagine che lo distraeva. Aveva voglia di fare l'amore, voleva interrompere quella solitudine insensata. Ma non era facile trasferire il desiderio su altre donne, e la padrona sconosciuta non veniva ancora a reclamare i suoi diritti.

Così, di confusione in confusione, la vita sottilmente rientrava nel campo che Andrea riservava all'ambizione, costruendo un cammino plausibile verso il successo. La vita, invece, sceglieva i suoi trionfi tra i piccoli crolli sepolti dai fatti, nella lieve tendenza che ci porta a preferire una tra due cose in apparenza identiche, nel moto appena accennato, là dove inclina la nostra stanchezza.

La vita era passata sotto la soglia, strisciando sulla moquette, toccando i piedi del tavolo, risalendo verso i sogni del produttore inesperto. Ma non gli dava aiuto né chiarezza, così come la luce della lampada perduta nella penombra. Andrea cercava un dramma.

...

Andrea

Lettura consueta

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